Il comandante Dami
Sono cinque le formazioni partigiane che operano nella Resistenza in Val Brembana: Le Fiamme Verdi, Le Brigate Garibaldine, Le Brigate Giustizia e Libertà, la Brigata Vittorio Veneto e il distaccamento S.A.P. Matteotti. Tra i comandanti delle Fiamme verdi il sacerdote don Antonio Milesi di Villa dAlmè, Dami il nome di battaglia. Nasce a San Pellegrino il 24 maggio 1914 a 26 anni viene ordinato sacerdote. Dal 1940 al 1945 copre la carica di direttore dell’oratorio a Villa dAlmè. In oratorio «seguiva gli aspirantidi Azione Cattolica. Durante la guerra il sacerdote invitava ciascun giovane a scegliere un altro giovane chiamato alle armi, con il quale intessere un rapporto epistolare costante». (G. Bertacchi, Unesperienza di vita. Don Antonio Milesi, prete partigiano, Istituto bergamasco per la storia del Movimento di Liberazione, 1994).
Le Fiamme verdi, di ispirazione cattolica, presenti in Val Brembana sono due formazioni: la Valbrembo al comando di don Antonio Milesi, che opera anche in Valle Imagna e nelle zone collinari a ridosso di Villa dAlmè, e la Primo Maggio al comando di Pierluigi Guerrieri Gonzaga alias Gianni. Le formazioni mantengono stretti legami con le altre bande partigiane e le Missioni Alleate in Svizzera (OSS Office Strategie Service americana e linglese Number Special Force Service). Questo rapporto fu possibili per merito di don Vittorio Bonomelli, agente dellIntellingence Service agli ordini del capitano Peter Cooper, paracadutato per contattare i movimenti della Resistenza. Il comandante Dami gli trova un sicuro rifugio presso i Frati Sacramentini di Ponteranica, ricevendo successivamente il cifrario segreto con cui le Fiamme verdi potevano comunicare direttamente con gli Alleati.
A differenza delle altre formazioni partigiane le Fiamme Verdi hanno una posizione autonoma rispetto alle scelte politiche. In loro vige il primato della libertà, questo il motivo per cui, a differenza delle formazioni partigiane comuniste, socialiste e liberali non avevano il commissario politico. Il primo passo era quello di riconquistare la libertà perduta. Il loro motto, pubblicato nel giornale clandestino il Ribelle, era «non esiste il liberatore, ma uomini e donne che si liberano».
Il ciclostilato clandestino Brescia Libera (senza data), che parteggia apertamente per le formazioni delle Fiamme verde, scrive: In questo momento tutti coloro che si agitano per soluzioni politiche premature, consciamente o inconsciamente, parteggiano e danneggiano la causa comune che è la cacciata di Tedeschi e Fascisti dallItalia. Quando lItalia sarà di nuovo libera e unita, il popolo potrà pronunciarsi su Monarchia e repubblica, potrà scegliere gli uomini degni di rappresentarlo. Ora bisogna aiutare in assoluta unità di intenti e di sforzi coloro che hanno possibilità di coordinare gli sforzi e di rappresentare legittimamente lItalia presso le Nazioni Unite. Questo senza compromessi per il futuro, e ora possibile solo al Governo Badoglio. Aiutiamolo nel suo sforzo: abbreviare la guerra e ridare la libertà allItalia».
Questa posizione di autonomia delle Fiamme verdi rende difficile il rapporto con gli altri comandi. A renderli complicati si somma anche la strategia perseguita dal comandante delle SS di stanza a Bergamo, Fritz Langer, che riesce ad aprire delle brecce stringendo patti e accordi con alcuni comandanti ed esponenti del fronte antifascista. Il comandante tedesco attua uno spregiudicato doppio gioco. Con il comandante Fritz Langer patteggia anche il comandante Dami con lobiettivo, data la tragica situazione di guerra, di conseguire il minore danno possibile alla vita dei partigiani e, causa la guerra, della popolazione stremata nella valle.
Lazione partigiana più tragica intrapresa dalla formazione di Dami è lassalto a Villa Masnada in località Petosino il 26 settembre 44 a Mozzo allora Curdomo dove si trovava la sede di un reparto di SS tedesche. Lobiettivo era il recupero di viveri, munizioni e armi. I partigiani cercarono di rompere laccerchiamento rifugiandosi su un colle sopra Petosino, ma solo alcuni riuscirono a sganciarsi, nove di essi vengono uccisi nel rastrellamento nazifascista: Virgilio Bonadeni, Mario Capelli, Carlo e Gianni Mazzola, Tranquillo Milesi, Giuseppe Piazzalunga, Francesco Roncelli, Giuseppe Signori, Luciano Tironi e il caposquadra Albino Locatelli. «Dami dice don T. Morgandi – ha sofferto, specialmente per i suoi giovani ammazzati sopra Petosino». La situazione del comandante Dami diventa pesante, braccato dai nazifascisti si rifugia dapprima sul monte Ubione e ai primi di dicembre del 44 è costretto a rifugiarsi in Svizzera. Le Fiamme verdi non smobilitano e superano la stretta del secondo inverno dividendosi in tre nuclei trasferendosi alla Roncola, San Pellegrino e Sorisole. Nel marzo 45 Dami rientra dalla Svizzera per partecipare al moto di liberazione finale nella città di Bergamo. Le Fiamme verdi della Valbrembo e della Primo maggio partecipano alla liberazione della città, rimanendo acquartierate nelle scuole di via Borfuro fino allo scioglimento. Dami entra a far parte del Comando zona Bergamo in qualità di aiutante maggiore. Dopo la guerra è coadiutore parrocchiale tra il 1955 e il 1959. Successivamente viene trasferito a Selino Basso in qualità di parroco fino al 1987, data in cui si ritira ad Azzonica (Sorisole). Muore l11 novembre 1988.
25 aprile 2018 Silvio Mengotto
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