Ricerche della Caritas nazionale hanno evidenziato negli ultimi tempi dove si addensano povertà e fragilità: precarietà degli alloggi, bassi stipendi, crescenti costi privati per la sanità… Il recente Rapporto della Caritas ambrosiana “Arcipelago doposcuola, la sfida delle alleanze” tratta in particolare di ragazze e ragazzi della fascia scolastica che si rivolgono ai doposcuola (in ampia parte parrocchiali) chiedendo aiuto linguistico e assistenza ai compiti, ma implicitamente ricercando un rapporto cordiale e fiduciario con adulti disposti ad ascoltarli.
Sono circa 250 i doposcuola parrocchiali che nella Diocesi di Milano hanno risposto al questionario della Caritas indicando una presumibile accoglienza di ben 10.000 richieste. La maggior parte in Milano città e nei grandi centri urbani, con un consolidamento negli anni (alcuni doposcuola hanno 15 anni di attività, ma numerosi si sono moltiplicati recentemente).
Nati dal puro volontariato, hanno poi trovato risorse economiche provenienti da Fondazioni (in particolare Fondazione Cariplo e la rete QuBi). Le esperienze si avvalgono ora di educatori professionali, ma si basano ancora soprattutto sul volontariato adulto: fra questi volontari c’è un buon numero di aderenti all’Azione cattolica, presenti nelle comunità locali.
Ci si potrebbe chiedere se l’Associazione non possa fare di più e magari in modo più organizzato ed evidente.
Infatti: educazione e fragilità giovanile non sono forse un ambito di impegno generoso dell’Ac? Quanto coincide con la sua natura il contribuire a “fare bene il bene” in parrocchia e nel territorio? Ponendosi vicino ai figli di quelle famiglie che in molti casi (non tutti) sono già conosciute attraverso i Centri di ascolto e la distribuzione di aiuti (alimentari compresi).
Per questo potremmo accostarci a quei soci che già operano nel settore dei doposcuola, chiedendo all’Ac diocesana di lanciare un esplicito richiamo, rivolgendosi primariamente a quante/i sono, o sono stati, insegnanti e a chi dispone di competenze scolasticamente spendibili. Si attiverebbero così nuove energie dedicate a favorire un consolidamento linguistico e culturale, ma anche sociale. Inoltre: è possibile valorizzare le competenze pedagogiche già presenti in Associazione e fra le amiche e gli amici dell’Ac? Si potrà forse pensare a un momento pubblico di riflessione? Indispensabile sarà mantenere o costruire un rapporto con quanti altri si sono già attivati per costruire con loro alleanze educative: basterebbe pensare alla Fom (Oratori), ma non solo.
Un impegno, questo, che è anche un investimento per una società che vorremmo più giusta e più equa.
Paolo Danuvola






