Pubblichiamo il racconto di Corinna Ciotti, giovane di Azione Cattolica che ha vissuto la Traditio Symboli in Duomo il 9 Aprile, dal titolo Chiamati alla santità.
Stare in mezzo a centinaia di altri giovani sotto le altissime colonne del Duomo di Milano dà l’impressione di sentirsi piccoli, ma al contempo parte di una Storia più grande.
Finalmente una preghiera dal vivo, un viaggio attraverso i sensi dedicato alla generazione degli inizi… così una Traditio Symboli in presenza ha permesso di vivere tanti aspetti che uno schermo, invece, tende a limitare, forse anche ad annullare.

L’odore aromatico dell’incenso si è mescolato al profumo di uva di cui erano cosparsi i cartoncini con il testo del Credo Apostolico che è stato consegnato prima ai catecumeni e poi a tutti i giovani presenti. L’uva come simbolo del portare frutto narrato attraverso gli eventi di cui si sono resi protagonisti Charles de Foucauld, Don Mario Ciceri e Armida Barelli, ognuno con il proprio carisma. Noi generazione degli inizi siamo un po’ intimoriti da questo portare frutto, carico di aspettative e di pregiudizi: l’Arcivescovo ci ricorda che non conta la quantità, il nostro frutto, infatti, tanto o poco che sia, può essere valutato da Dio solo.
Le orecchie attente hanno ascoltato le voci che si intrecciavano durante i canti, più o meno noti. È coinvolgente per un giovane riuscire ad unirsi al canto corale: anche cantare, infatti, è pregare. Al termine della Veglia, le donne ortodosse ucraine e russe hanno intonato un canto sulla soglia della Chiesa di San Vito al Pasquirolo, richiamando immediatamente il clima di guerra che stiamo vivendo durante queste ultime settimane. Questo canto triste, eseguito a cappella, pareva essere l’unica “arma” rimasta alle donne per sostenere il proprio popolo.

Abbiamo quindi in qualche modo anche toccato con mano il dramma della distruzione che, pur essendo molto vicino a noi, a volte è difficile da concepire, tanto da volerlo allontanare con il pensiero. Ciò che invece mi ha “toccato” maggiormente durante la Veglia è stata l’omelia dell’Arcivescovo Delpini:
“Non ci spaventiamo se siamo spaventati: siamo amati per quello che siamo; non rinunciamo ai desideri più grandi: crediamo alle promesse del Signore; non ci dimentichiamo degli amici: costruiamo amicizie che rendono migliori, restiamo uniti a Gesù per portare molto frutto.”
Il suo tipico parlare “per punti” facilita la comprensione del messaggio di speranza che è in grado di arrivare al cuore.
Il gusto è stato quello dello stare insieme, in comunione con i prossimi santi e beati. Abbiamo vissuto una serata da spettatori durante una celebrazione che è stata ricca di spunti, adottando uno sguardo attento e un cuore in ascolto. Il ricordo del Battesimo, l’ascolto della Parola di Dio, l’Esposizione eucaristica e la consegna del Credo sono stati guidati dalle parole di Charles de Foucauld, Don Mario Ciceri e Armida Barelli.
Con gli occhi abbiamo seguito lo srotolarsi di un telo rosso per ognuna delle loro immagini posizionate sull’altare che portavano con sé storie comuni di santità: Charles e la bontà di un fratello pellegrino, Don Mario e la semplicità di un sacerdote brianzolo, Armida e il coraggio di una donna guidata dal Sacro Cuore.