Sono circa 300 gli eremiti in Italia riconosciuti da un vescovo o da un ordine religioso. “La via dell’Esychia” è un viaggio che racconta dodici di queste storie attraverso la fotografia. L’esposizione è nata dalla fotografa Eliana Gagliardoni e porta, al centro del capoluogo lombardo, la solitudine e il silenzio come occasione per ri-trovare Dio, il benessere, per suscitare una riflessione sul modo di vivere oggi, in città, come altrove. Il progetto è della Cooperativa In Dialogo – Cultura e Comunicazione, con il sostegno dell’Azione Cattolica Ambrosiana e di alcune Fondazioni territoriali, fra cui la Fondazione Cariplo.
Un viaggio fra gli eremiti in mostra a Milano
Inaugurata il 26 giugno con un convegno in Università Statale, la mostra è esposta fino al 30 giugno, nel corridoio che porta all’Aula magna di via Festa del Perdono. Titolo della mostra e del catalogo che l’accompagna: “La via dell’Esychia” (il silenzio, la quiete, la tranquillità interiore).
Presenti all’inaugurazione Paolo Danuvola (Cooperativa in Dialogo – Cultura e Comunicazione), Gianni Borsa (presidente Azione Cattolica Ambrosiana), la prof.ssa Marina Benedetti (docente di Storia del Cristianesimo dell’Università degli studi di Milano), Eliana Gagliardoni (fotografa) e Dario Bolis (direttore Comunicazione Fondazione Cariplo). Presente anche il neo presidente di In Dialogo, Franco Brambilla. La mostra si compone di 36 immagini che ritraggono 12 eremiti in un simbolico viaggio itinerante in Italia: don Raffaele Busnelli; suor Mirella Muià; don Cristiano Leonardelli; don Fulvio Calloni; Viviana Maria Rispoli; fratel Benedetto; suor Concetta Giordano; suor Federica Cornacchia; suor Maria Laura Guariento; Frèdèric Vermorel; Antonella Lumini e suor Paola Biacino.
É valida l’immagine stereotipata sugli eremiti?
Bisogna dimenticare l’immagine stereotipata dell’eremita. Un aspetto che accomuna tutti gli eremiti oggi è l’accoglienza: “In qualche modo – dice la fotografa Eliana Gagliardoni – sono sempre in contatto con la realtà esterna e, comunque, anche con la vita tribolata che le persone vivono in città. Nei ‘deliri del mondo’, come dice don Fulvio, che nell’eremo si trasformano in preghiera”. “Sono persone trasparenti, vere – continua Eliana Gagliardoni -. Per me è stato una sorta di pellegrinaggio e innamoramento. Mi hanno sorpresa, stupita. Ogni volta che andavo per incontrarle il mio desiderio era grande. Sapevo che avrei trovato degli amici, persone che non mi avrebbero giudicato, soppesato dove potevo essere me stessa, senza pregiudizi di sorta. Sapevo che chiunque avessi incontrato sarebbe stato una bellissima persona”.
Una vita che interroga la nostra
La vita degli eremiti interroga e provoca la città, i suoi abitanti stressati, ansiosi, chiusi nel “penitenziario dei consumi”, come annotava P.P. Pasolini. Eppure la città, anche nelle manifestazioni caotiche, cerca una sua spiritualità. La scelta di collocare la mostra davanti all’Aula magna dell’università frequentata da tanti giovani non è casuale.
Il senso della mostra, come del fascicolo pubblicato, “è quello – dice Paolo Danuvola – di introdurre alla conoscenza di una realtà di nicchia ma carica di messaggi per l’attualità e nello stesso tempo proporre qualche interrogativo e provocazione rispetto al ritmo della città. A partire da quella milanese e ambrosiana che per antonomasia è realtà di vita accelerata, immersa fra i rumori”.
Un cammino dedicato alla spiritualità
Per Gianni Borsa, negli eremiti c’è un costante, e comune, richiamo sia alla spiritualità, sia alla importante ricerca di dare senso alla vita. Anche nelle proposte dell’Azione Cattolica “troviamo un cammino dedicato alla spiritualità”. Nelle vacanze con i ragazzi, giovani e adulti, si propongono sempre momenti di spiritualità, silenzio, preghiera, meditazione e riflessione. “Io so – dice don Fulvio, eremita di Capraia a Sillico di Garfagnana (Lucca) – cosa vuol dire svegliarsi la notte con una persona accanto! Nel mezzo delle tenebre senti il suo respiro che ti dà pace, serenità, magari vorresti svegliarla per raccontarle i sogni che hai appena fatto, ma la lasci dormire, così sta in pace con Dio. Io qui, nel silenzio di questo luogo, sento Dio, mi sento abbracciato da Dio, sento il suo respiro, magari sarà immaginazione, ma che bella questa immaginazione. Dobbiamo imparare ad accettarci nelle nostre fragilità, se Dio ci avesse voluti ‘perfetti’, non ci avrebbe impastato col fango”.
Silvio Mengotto