Quello della responsabilità diocesana dell’ACR, la rappresentanza dei più piccoli nell’Azione Cattolica qui a Milano, è un capitolo prezioso della mia vita che è volto da pochi giorni al termine, dopo ben sette (!) anni di grazia.
Ed è “GRAZIE” la parola che viene da dire. In primis a Dio, alla Provvidenza, che ha saputo chiamarmi in un momento -nel 2016/17- in cui la mia vita non aveva ancora un disegno preciso; facevo forse un po’ fatica a leggere cosa potesse riservarmi il futuro, e come conseguenza il mio animo, sereno ma un po’ smarrito, si faceva strada tra scelte ponderate, ma a ben vedere si faceva anche un poco trascinare dagli eventi. Una cosa però mi ha fatto capire, questo mio “essere interpellata”: che l’atteggiamento di apertura a un sì in Azione Cattolica, un sì a un servizio per la Chiesa, è sempre un’ottima risposta, che va oltre alle titubanze, alla paura di non essere in grado, di non farcela, di non riuscire a incastrare i momenti e di avere una vita “troppo piena”. La verità – specie in alcuni momenti della vita – è che non è mai abbastanza, quando si tratta di spendersi per gli altri. Non è mai abbastanza, quando si tratta di essere felici.
Un grandissimo GRAZIE va poi rivolto alle persone che mi hanno accompagnato in questa avventura: portare un impegno del genere in associazione ti fa scoprire la bellezza di non essere mai sola. Mai, neppure nelle scelte più complicate. Perché hai a fianco corresponsabili super in gamba (nel mio caso, prima Paolo e poi Mariachiara, diventati praticamente come fratelli), assistenti diocesani davvero power (don Luca e don Fabio, guide sagge e buone), con cui confrontarsi, fare il punto, aiutarmi a tirare le fila, chiedere consiglio in situazioni delicate, condividere una nuova rilettura dei tempi, i compagni con cui prendere decisioni importanti, e non ultimo intraprendere nuove strade mai battute prima: chi se lo sarebbe mai immaginato di fare Feste di Pace e gemellaggi in tempo di lockdown? O attività per educatori come dei team building avventurosi? O Equipe dei Ragazzi nella sede della Regione Lombardia? O addirittura spingersi extra diocesi per fornire contenuti formativi ad altre realtà ACR?
Poi, di fatto il cuore della diocesanità ACR: l’equipe Diocesana, con i suoi responsabili, capicordata e consiglieri. Mani, teste e braccia senza cui l’articolazione non vivrebbe; il “livello centrale” non avrebbe senso di esistere senza di loro. Coloro che con gli sguardi, i pensieri, la lungimiranza, un metodo conviviale (a base di cibo, immancabile in qualsiasi occasione!) di condivisione e supporto riescono a costituire la “rete territoriale” che esprime la ricchezza dell’intera Diocesi. Grazie, dal profondo, a tutti gli equippari, soprattutto nelle fatiche e negli entusiasmi che si sono alternati repentinamente in questi anni ricchi di cambiamenti. Mi avete fatto crescere e maturare come nessun gruppo di lavoro ha mai fatto.
I gruppi, senza educatori, non si farebbero: e quindi grazie anche a loro, mine vaganti di gioia, estro, creatività, serietà educativa e voglia di fare non il 100 ma il 130%. Un modello da seguire, educatori giovani ed educatori adulti insieme: la forza propulsiva che fa battere il cuore dell’ACR. E dopo il periodo pandemico ci ha chiaramente detto “abbiamo più voglia di prima di metterci in gioco”. Adulti: grazie per non ritenervi “ormai in panchina” coi ragazzi, c’è tanto bisogno di voi. Giovani: grazie per la disponibilità anche nelle dinamiche più faticose! A tutti… Avanti con gioia!
Ma cosa sarebbe l’ACR senza i ragazzi? Semplicemente, non ci sarebbe. Ai ragazzi ogni tanto mi ci sono accostata con titubanza, perché il rischio dell’essere responsabile diocesano è un po’ quello di essere visto da lontano, un po’ perché per accostarsi ai ragazzi ci sono già gli educatori, sicuramente più esperti, più conoscitori, più familiari. Nei momenti in cui però c’è stato incontro, quanta gioia mi è stata regalata! Quanta sincerità e voglia di crescere, quanto desiderio di farsi sentire dai più grandi, quanta voglia di ricevere proposte adatte, di qualità, e non “le solite cose” un po’ trite e ritrite.
Ascoltare i ragazzi è stato il più grande insegnamento che mi ha educato e messo alla prova: scoprire che quello che desiderano non è necessariamente quello che ti immagini, scoprire che il loro sguardo è molto più evangelico di quello di tutti gli adulti e giovani messi insieme, mi ha fatto dire ancora una volta: non solo “ne vale la pena”, ma soprattutto: è stato un onore provare a rappresentarvi in associazione e in diocesi.
La vostra resp. Gaia