“Con la guerra siamo tutti sconfitti! Anche coloro che non vi hanno preso parte e che, nell’indifferenza vigliacca, sono rimasti a guardare questo orrore senza intervenire per portare la pace”
(l’introduzione di Papa Francesco al libro “Un’enciclica sulla pace in Ucraina”)
Con queste parole di Papa Francesco vorremmo raccontare la Festa della Pace con l’Azione Cattolica, a partire dall’entusiasmo che ci ha messo l’ACR.
Per la Pace, hip hip hurrà, per la Pace, hip hip hurrà!
La zona 4 si è ritrovata a Bareggio: le vie del nostro paese si sono riempite di persone gioiose, colori e canti!
Il tutto è iniziato alle 10 del mattino con l’accoglienza in oratorio, quando i bambini dell’ACR, insieme all’AC Giovanissimi, si sono cimentati in balli di gruppo e bans. Poco prima di iniziare la Marcia della Pace, gli Adulti e anche il presidente diocesano Gianni si sono uniti a noi giovani e bambini per poi dare vita alla piccola “carovana della Pace” per le varie vie di San Martino (frazione di Bareggio).
L’obiettivo è stato quello di portare gioia, di urlare a tutti che noi siamo l’AC e vogliamo la pace. I cori scandivano i nostri passi. Abbiamo cercato, con tutte le nostre forze, di far entrare il nostro entusiasmo nelle varie case del paese.
Ci siamo fermati fuori da chiesa, abbiamo fatto gli ultimi bans e ci siamo preparati per la Messa, celebrata dal nostro assistente diocesano don Fabio insieme a don Franco, assistente di zona 4.
Nel pomeriggio è venuto a trovarci un volontario del progetto “CSI per il mondo”, che ha condiviso con noi la sua esperienza ad Haiti. Ci ha raccontato della sua partecipazione ad un progetto rivolto ai giovani delle società sportive e degli oratori. Tale progetto consiste in opere di missione nelle periferie del mondo, al fine di portare sorrisi e divertimento attraverso lo sport ai bambini e ai ragazzi che vivono in situazioni difficili. Responsabilità e felicità sono le parole chiave che ci ha lasciato e sulle quali abbiamo riflettuto con i ragazzi dell’ACR.
Mentre per noi questa giornata è stata “allenamento” intensivo alla pace, per ricordarci che anche la pace si costruisce tramite un bel gioco di squadra, gli adulti hanno ascoltato un’altra voce!
Quella di Violeta, donna di origine albanese che è venuta in Italia nel 2004 per scappare da una vita che non voleva in una terra senza Pace.
Ascoltando la sua testimonianza ricca di emozioni – perché quando si parla della propria terra natia non si può non provare emozioni-, mi sono chiesto cosa vuol dire essere veramente cittadino del mondo. Forse questo concetto non è mai stato molto chiaro. Che volto dobbiamo dare alla Pace, che spesso volentieri è usata come maschera per far soffrire le persone?
La testimonianza di Violeta aveva un filo di tristezza, perché la Pace è stata usata per mascherare il regime dittatoriale comunista fino al 1991 e un tradimento economico 5 anni dopo fatto dalle banche che promettevano soldi facili ad una popolazione che di fame ne aveva tanta, dove la Pace è servita a indurire il cuore delle persone che non si fidavano più (e non si fidano neanche ora) delle istituzioni, dove la Pace era diventata quella di impugnare un fucile per sentirsi sicuri e dove la donne erano “usate” (mi perdonerete per l’espressione forte) per fare figli specialmente maschi perché dovevano usare il fucile.
Violeta però ci racconta anche il vero volto della Pace che è quello della speranza, la speranza di costruire col tempo una nuova Albania: ci ha parlato di don Antonio Sciarra scomparso nel 2012 e degli Ambasciatori di Pace (sì, la Pace non cammina da sola, ha bisogno di una spinta in più), del progetto LA SCUOLA VIENE DA ME, dove i volontari andavano in casa dei ragazzi che avevano abbandonato la scuola per paura di essere colpiti da una pallottola vagante (impugnare un fucile), per le ragazze di essere rapite (mercato della prostituzione), i volontari davano la possibilità di fare almeno l’esame di terza media. Oppure hanno pensato per i bambini più piccoli di raccogliere i bussolotti dei proiettili usati e trasformarli in piccoli contenitori per mettere dentro un fiore (quando ho sentito questo mi è venuta in mente la frase “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”).
La Speranza veniva trasmessa anche durante la messa, quando Don Antonio Sciarra invitava la popolazione (soprattutto gli uomini) a consegnare le armi in cambio di un bene primario (es. una mucca): molti uomini lo hanno fatto e in quel momento si “spogliavano” di un oggetto che gli dava sicurezza.
La testimonianza di Violeta, che ringrazio con cuore, ha fatto nascere in me molte, troppe domande. Mi sono chiesto: quanto noi sappiamo del vero vissuto dei popoli che ci stanno vicino? Che cosa vuol dire essere ambasciatori di Pace? Cosa vuol dire essere veramente cittadino del mondo e non cadere nell’indifferenza? Cosa vuol dire non rendere quotidiano o abituarsi a usare la Pace come forma di violenza? Papa Francesco nei suoi discorsi ci ricorda che la Pace non è scontata, va difesa, deve essere costruita e non strumentalizzata. La sua testimonianza mi ha lasciato una certezza: fa più rumore un albero che cade (guerra) che una foresta che cresce (costruire la Pace).
Sharon, educatrice ACR e Federico, giovane adulto