Una mattina nuvolosa quella del 24 ottobre 2021, che accoglie gli adulti dell’Azione cattolica ambrosiana nella periferia di Milano nella sede dell’Associazione Nocetum, per la prima parte della Giornata di formazione itinerante. Occasione per conoscere cose nuove e tante esperienze. Prima tra tutte l’esistenza di questa associazione, gestita da donne consacrate nell’Ordo virginum, nata per accogliere le mamme con i bambini in difficoltà vittime di abusi ed esperienze negative con lo scopo di guarire l’anima e restituire dignità alle donne aprendo loro un nuovo futuro nel mondo, magari anche con l’apprendimento di un lavoro nella coltivazione di prodotti della terra presente nella tenuta e nella loro trasformazione.
“Uno sguardo oltre per essere profetici qui e adesso”: questo il tema che ha radunato i partecipanti in una tavola rotonda per un confronto sulla sesta opera di misericordia corporale “Visitare i carcerati”, cui finalmente l’Ac apre uno spazio di riflessione, come ha detto l’educatore, uno dei relatori. Ci hanno accompagnato nella provocazione il magistrato Simone Luerti, Fiorenzo De Molli, educatore che lavora con detenuti ed ex detenuti, e un ex detenuto (di cui non indichiamo il nome per ragioni di riservatezza), che hanno offerto i loro spunti per la riflessione.
Il magistrato Luerti ha inquadrato l’argomento all’interno nella normativa italiana, sottolineando un principio basilare della giustizia del nostro Paese: fino alla condanna definitiva si presume l’innocenza della persona. Successivamente alla condanna irrevocabile vi è l’applicazione della pena. Per la normativa italiana la pena non è solo una punizione per il fatto commesso, ma anche fonte di rieducazione per il ritorno in società. La sua attività in qualità di magistrato di sorveglianza, figura introdotta con la normativa del 1970, ha proprio il compito di vigilare sull’esecuzione della pena cercando di proporre al detenuto, che acconsente, un percorso in cui, attraverso diverse attività proposte dal carcere, possa riscoprire il bello che è dentro di sè per riacquistare fiducia in sé stesso e nella vita e per aprirsi ad una vita nuova fuori del carcere. Vengono proposte attività culturali, di animazione, di studio di riqualificazione personale e laddove è possibile pene alternative alla detenzione e, assicura il magistrato, non sono poca cosa, ma strumenti per arrivare all’obiettivo sopra detto, che non va mai dimenticato. Poco viene fatto per la famiglia del carcerato che vive il più delle volte abbandonata e isolata.
L’ex detenuto ha invece evidenziato le difficoltà di chi accede per la prima volta all’interno del carcere: la solitudine, il dover affrontare un mondo completamente nuovo e strutturato con pericoli e rischi, ma anche la bellezza di alcune forme di solidarietà e del “prendersi cura dell’altro” da parte degli altri detenuti. È importante per chi si trova al di là delle sbarre percorrere un cammino attraverso le attività proposte per riacquistare fiducia in se stesso. Ma la difficoltà più grossa il detenuto la affronta quando torna nel mondo. Il mondo non è educato ad avere fiducia nell’ex detenuto, a riconoscere in lui i segni di un cambiamento e ad offrire una nuova possibilità di vita.
L’educatore Fiorenzo De Molli invece ha posto l’attenzione sull’importanza di accettare ogni persona, aiutarla in carcere a fare un cammino interiore per rileggere se stesso per imparare tutti a comprendere che “la radice del mio male è il tuo, così come la radice del tuo male è il mio”. Chi esce dal carcere, dove ha imparato la consapevolezza di sé, rischia di non essere più nessuno e di non riuscire a spendere ciò che ha acquisito. Ci sono solo alcuni casi di carceri italiane che offrono un buon modello di espiazione della pena pronto a valorizzare le singole capacità e offrire percorsi adeguati È tra l’altro dimostrato che chi segue un percorso di questo tipo, ha molte meno possibilità di recidiva all’uscita dal carcere di altri (30% contro il 70% abituale). Non sempre è possibile e non sono molte. Un esempio è il carcere di Bollate. Altro esempio, guardando alle sperienze all’estero, sono le Apac in Brasile: sono strutture carcerarie chiuse, ma autogestite, non esiste la Polizia penitenziaria. Incentrate su principi cristiani, possono accedervi tutti quelli che vogliono aderire a questo percorso particolare. “Qui entra l’uomo, il reato rimane fuori” questa è la frase presente in questi edifici. Valorizzazione, in primo luogo, della persona e della sua possibilità di cambiamento. Un patto di responsabilità lega le persone al cammino da seguire, che si basa su una frase di un detenuto difficile: “Dall’Amore nessuno fugge”.
Alla fine della relazione anche il sole ha ottenuto il suo spazio tra le nuvole e la giornata autunnale ha mostrato i colori di questa stagione nel milanese. La giornata è proseguita con il pranzo, sempre nella sede del Nocetum e, per chi voleva, con la visita guidata del Duomo e delle sue terrazze.
Giorgina Cervini Bianchi