«Gaudet mater ecclesia», gioisce la madre Chiesa. Con queste parole entrate nella storia, papa Giovanni XXIII apriva il Concilio ecumenico Vaticano II l’11 ottobre del 1962, 60 anni fa esatti. Si è trattato del 21esimo concilio nella storia della Chiesa e di uno degli eventi più importanti del secolo scorso, un appuntamento che ha permesso all’istituzione ecclesiale un significativo “balzo in avanti” rispetto ai tempi moderni e senza del quale è impossibile dirsi cristiani cattolici nel mondo d’oggi.
Aperto da papa Roncalli e concluso da papa Paolo VI, il Vaticano II è stato un percorso tra passato e presente, tra memoria e profezia, tra tradizione e novità: i 3 anni di lavoro (1962-1965) sono stati caratterizzati dalla produzione di un corpus dottrinale che non ha affermato nuove verità o condannato degli errori, ma che ha promosso un necessario rinnovamento della Chiesa per renderla capace di saper trasmettere il Vangelo e cercare vie di unità con le altre confessioni, oltreché instaurare un dialogo con il mondo moderno, puntando «su ciò che ci unisce e non su ciò che ci separa», illuminati e guidati dall’azione dello Spirito Santo.
Negli anni il Concilio ha visto la partecipazione in Vaticano non solo di oltre 2.000 padri conciliari provenienti da tutto il mondo, ma anche la presenza, in qualità di osservatori, di membri di altre fedi, dai musulmani agli indiani d’America, nonché membri di tutte le Chiese cristiane, ortodossi, anglicani e protestanti in genere, inclusi evangelici, metodisti e calvinisti, questi ultimi non presenti a Roma dai tempi degli scismi. Conclusosi l’8 dicembre del 1965, da esso sono derivati importanti documenti: quattro Costituzioni, nove Decreti e tre Dichiarazioni.
Le 4 Costituzioni sono: Dei Verbum sulla Parola di Dio, Lumen Gentium sulla Chiesa, Sacrosanctum Concilium sulla Liturgia e Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo di oggi.
«La catechesi ispirata dal Concilio, in ascolto continuo del cuore umano, è sempre attenta a rinnovarsi – afferma Papa Francesco esortando a fare una scelta netta. Il Concilio è il magistero della Chiesa. O stai con la Chiesa, e pertanto segui il Concilio, oppure non segui il Concilio rimanendo con la pretesa di interpretarlo al tuo modo, come vuoi. Dunque, non stai con la Chiesa». E ha aggiunto: «Dobbiamo in questo punto essere esigenti, severi. Il Concilio non va negoziato… il Concilio è così».
Benedetto XVI nel 50° anniversario del Concilio Vaticano (2012), domandandosi che ruolo avrebbe avuto la Chiesa di oggi, auspicava di «rimettersi in viaggio e parlare con la gente».
Dal lontano 1962, il Concilio incoraggia ancora oggi la chiamata, più che mai attuale, a recuperare la vitalità e la gioia di quanti vogliono rispondere con onestà e fermezza al Vangelo in questo mondo, nuovo e vorticoso allo stesso tempo, in cui siamo immersi.
Lasciare alle proprie spalle la tristezza e l’ingessatura di formule vecchie e stantie, liberarsi della routine abitudinaria, delle condanne e dei giudizi taglienti, per fare posto a una rinnovata vitalità ecclesiale. Nell’attuale società, attraversata da crisi più o meno gravi e da una grande mancanza di senso, è necessario tornare ad infondere gioia e speranza, smentendo l’idea di un futuro avvolto da nubi nere all’orizzonte, da una fitta nebbia interiore e da una società falsamente sorridente.
La Chiesa che abbiamo respirato durante i lavori del Concilio è una Chiesa abitata dalla gioia. Eppure, si è chiesto sempre papa Francesco durante le celebrazioni dell’anniversario, quanti tra noi non riescono a vivere la fede con gioia, senza mormorare e senza criticare? «Una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, veleni e polemiche. Dio ci liberi dall’essere critici e insofferenti, aspri e arrabbiati. Non è solo questione di stile, ma di amore, perché chi ama, come insegna l’Apostolo Paolo, fa tutto senza mormorare». Il ricordo del 60esimo anniversario dall’inizio del Concilio ha aperto anche la preparazione al Giubileo 2025.
Tantum aurora est: siamo appena all’aurora. Un Concilio di questa portata avrà bisogno ancora di tempo per essere studiato, interiorizzato, conosciuto e vissuto dal maggior numero di persone possibili. La strada del Cattolicesimo del presente e del futuro è tracciata. Spetta a noi rimboccarci le maniche. Nell’ultima intervista rilasciata prima di morire nel 2012, il cardinale Martini concludeva domandando all’intervistatore: «Che cosa puoi fare tu per la Chiesa?». Questa domanda è rivolta a ciascuno di noi e l’AC non vuole farla cadere, ma anzi risvegliare le coscienze sopite dei fedeli laici, perché si prendano le proprie responsabilità e siano fecondi di frutti.
Alberto Ratti