In vista dell’assemblea diocesana abbiamo voluto intervistare alcuni soci protagonisti di differenti gruppi dell’Ac ambrosiana per conoscerli meglio, farci raccontare qual è il loro rapporto con l’associazione e con la fede e lasciarci ispirare da cosa significa per loro lo slogan: “Fanne vita, fanne amore”.
Chi sei e cosa fai?
Mi chiamo Alessio, ho 31 anni e vivo a Dublino, dove lavoro in una banca. Il mio ruolo è supportare un team specializzato in investimenti nelle energie rinnovabili. Ho studiato a Barcellona e lavorato lì un anno, per poi trasferirmi, sempre per lavoro, 4 anni in Colombia. Da lì sono poi ripartito alla volta di Dublino dove ora vivo con la mia fidanzata, incontrata prima di trasferirmi, che mi ha seguito e lavora per l’University College di Dublino.
Qual è stata la tua esperienza con l’AC in Italia?
Mi sono iscritto all’AC all’età di 18 anni, grazie a Luciano Rossi della chiesa della Certosa di Milano. Crescendo nel quartiere e frequentando la chiesa e l’oratorio, ho conosciuto Luciano che mi ha introdotto all’AC, insieme a mio fratello, quando c’era un bel gruppo di circa 35/40 persone. Nel mio girare per il mondo ho sempre cercato di mantenere i contatti con l’AC, partecipando agli incontri del gruppo sia di persona, quando ero in Italia, sia da remoto, come adesso con il gruppo di AC Internazionle.
Come vivi la tua fede ora?
La mia fede personale e la mia relazione “privata” con Dio o il mio modo di pregare sono rimasti intatti. Partecipo alla Messa, seguo i messaggi del Papa e rimango in contatto con l’AC del mio quartiere attraverso le comunicazioni periodiche che invia. Tuttavia, vivere la fede pubblicamente all’estero può essere complesso, perché le chiese e i centri comunitari non siano così attivi come in Italia. Nonostante ciò, cerco di esprimere la mia fede nel miglior modo possibile, affrontando le difficoltà di fare un percorso comunitario in un contesto internazionale.
All’estero si curano particolarmente i percorsi per i più piccoli, con scuole e gruppi che li seguono fino alla Cresima, ma poi finisce lì il cammino comunitario. In generale, oltre alla Messa, è molto difficile trovare momenti di condivisione fra adulti. Anche l’ambito caritativo non è generalmente promosso dalla Parrocchia ma mediato principalmente da Onlus che non si rifanno in modo conclamato alla fede. L’AC ora cosa rappresenta per te oltre il confine?
L’AC per me rappresenta un senso di casa e di appartenenza. Durante gli ultimi incontri del nostro gruppo internazionale, in cui sono presenti persone da tutto il mondo, abbiamo riflettuto su cosa sia essenziale nella vita, paragonandola a un barattolo da riempire con palline di varie dimensioni, a determinare le cose importanti, e la sabbia, ad occupare gli spazi restanti. Per me, l’AC è uno di quegli elementi indispensabili, un modo di connettermi con la mia chiesa, con Milano, e con il mondo dell’AC italiana. È un luogo dove posso sentirmi a casa, parlare la mia lingua e condividere un cammino spirituale con gli altri. Uno spazio prezioso perché condividiamo tutti questa difficoltà di seguire nei Paesi dove siamo percorsi insieme ad altri adulti credenti.
Cosa significa per te “fanne vita, fanne amore”?
Questa espressione rappresenta il messaggio e la missione che abbiamo come credenti e come membri dell’AC: essere portatori di luce, testimoniare l’amore di Dio nel mondo. Vivendo all’estero, nel nostro piccolo cerchiamo di essere esempio di questa missione, seminando amore e fede indipendentemente dalle difficoltà che incontriamo.