Domenica 25 luglio si celebra per la prima volta la Giornata dei nonni e degli anziani istituita da papa Francesco. Una giornata che, nelle intenzioni del Pontefice, vuole assicurare agli anziani la vicinanza di tutta la Chiesa in un periodo come quello della pandemia in cui molti hanno sofferto di solitudine e tristezza, ma anche l’occasione per sensibilizzare sul ruolo ancora importante che i nonni (e anche gli anziani che nonni non sono) ricoprono del compito della testimonianza della fede alle nuove generazioni.
Abbiamo chiesto una testimonianza a Anna Grossi e Gianluigi Pizzi, entrambi di 63 anni e soci dell’Ac di Milano (Gigi è stato anche vicepresidente diocesano del settore Adulti), che da poco sono diventati nonni.
Come state vivendo l’esperienza di essere nonni?
«L’arrivo della nostra nipotina Virginia, avvenuto quasi due anni fa, ha riempito la nostra famiglia di gioia. La sua presenza si rivela ogni giorno di più un dono che ci proietta in una nuova prospettiva di vita futura, di amore e serenità. Le attenzioni che le dedichiamo, il tempo che ci viene chiesto di trascorrere con lei ci permettono di fermarci, di recuperare una dimensione nuova di calma e serenità che nella frenesia della vita di tutti i giorni spesso si perde. Vedere crescere lei è per noi bellissimo: ogni suo progresso, ogni sua piccola scoperta ci riempie di gioia».
Papa Francesco ha istituito la festa dei nonni. Nella lettera che ha inviato a tutti gli anziani insiste sul compito che hanno i nonni; «Qual è la vocazione nostra oggi, alla nostra età? Custodire le radici, trasmettere la fede ai giovani e prendersi cura dei piccoli. Non dimenticate questo». Come cogliete queste parole?
«Le parole di Papa Francesco sono molto vere e da noi condivise: i nonni e le nonne e gli anziani in genere possono dare tanto alle nuove generazioni! È importante trasmettere alle nuove generazioni i valori umani e cristiani perché loro, possano essere costruttori di una società più giusta e fraterna, evitando gli errori del passato e facendo fruttare quanto di positivo fatto in passato. Educare testimoniando che la vita va vissuta come “dono” ricevuto e da fare è la grande sfida di vivere il rapporto tra le generazioni».
Voi siete dei nonni ancora “giovani” e in salute. Il Papa però si rivolge anche ai nonni “grandi anziani” o che sono infermi. Dice loro che in tutte le stagioni della vita si può essere ancora testimoni di fede e saggezza. Scrive: «Non esiste un’età per andare in pensione dal compito di annunciare il Vangelo, dal compito di trasmettere le tradizioni ai nipoti. C’è bisogno di mettersi in cammino e, soprattutto, di uscire da sé stessi per intraprendere qualcosa di nuovo». E però raccomanda anche di non lasciare soli gli anziani. Cosa ne pensate? Cosa dice la vostra esperienza in questo senso?
«Il compito dell'”annuncio” accompagna per tutta la vita ogni credente, ma nelle diverse età assume tempi e modalità diverse. In particolare, il nuovo tempo che stiamo vivendo ci mette in contatto con contesti e realtà nuove, ci chiede di incontrare le famiglie da cui vengono i compagni e compagne dei figli, accogliere le loro scelte di vita coniugale, l’educazione dei figli (per ora solo di Virginia!). Non possiamo poi dimenticare che, il passare degli anni, ci fa incontrare persone anche anziane, a volte con gravi problemi di salute e a volte anche “arrabbiate” con Dio. Per tutto questo l’annuncio e la testimonianza ci chiedono di attuare una più profonda riflessione per individuare nuove e più idonee modalità di realizzazione».