Ci sono dei fuochi attorno a cui si concentra l’originalità della vita di Gianna Beretta Molla (la cui la memoria liturgica ricorre il 28 aprile; in giornata sono previste tre messe a Magenta, Mesero e Pontenuovo), che diventa così modello per tutti noi, nella nostra contemporaneità.
La sua è stata un’esistenza quotidiana “alta”, scandita da una costante passione per le cose belle, le passeggiate in montagna, i paesaggi, la moda, gli incontri festosi tra amici, sempre nutrita da un’intensa spiritualità. Un’esistenza unificata, dove la ricerca della propria strada (la “vocazione”) è tenuta strettamente collegata al desiderio di dedicarsi agli altri, nella chiesa e nel mondo, e all’amore per il Signore, con una precisa “regola di vita”, sperimentata in prima persona e insegnata alle giovani della sua GF (la Gioventù femminile di Ac) magentina.
Monsignor Antonio Rimoldi, lo storico dei seminari milanesi, che per primo collezionò la raccolta scientifica di tutta la documentazione per intentare la causa di canonizzazione della donna originaria di Magenta, raccontava che Carlo Colombo, teologo di fiducia di papa Paolo VI, era alla ricerca di una storia emblematica di “santità ordinaria” tessuta nel quotidiano, da una persona normale, così da farne un modello di vita di coppia e di famiglia, secondo il modello che si stava delineando con il Concilio Vaticano II, alla portata di tutti.
E quella di Gianna Beretta, poi moglie di Pietro Molla, aveva esattamente queste caratteristiche: una normale mamma di famiglia, attenta professionista impegnata nel suo territorio, profondamente incarnata nel suo tempo. Quel tragico finale, che la vide morire a neppure 40 anni, una settimana dopo aver dato alla luce la sua quarta figlia in seguito a una complicanza operatoria, non fu che l’esito “naturale” di una vita condotta in modo appassionato e pieno, dove la vita doveva sempre sorprendere e vincere, nonostante tutto.
Il marito Pietro, durante un’intervista nella loro casa milanese, alla vigilia della canonizzazione, raccontava e mostrava con orgoglio le riviste di moda che la moglie aveva fatto arrivare da Parigi, per confezionarsi dei begli abiti, e che lui ancora custodiva sopra il pianoforte del salotto. E poi ricordava la sua passione per la musica, per i bei paesaggi, per le scalate in montagna.
Questo era il “modello” che la chiesa voleva celebrare per la prima volta sugli altari: una normale mamma di famiglia santa!
Era la vita a dettare i passi e le scelte di Gianna: da giovane il suo desiderio era stato quello di imitare la strada del fratello padre Alberto e di diventare lei stessa missionaria in Brasile: ma la salute cagionevole e il parere dei medici sconsigliò di percorrerla. Così la giovane cercò un altro modo per vivere il desiderio di dedicarsi agli altri, come aveva fatto impegnandosi nell’apostolato di Azione cattolica con la GF e nella San Vincenzo: così si dedicò pienamente alla conclusione della facoltà di medicina e intraprese la professione di pediatra. E per stare il più possibile vicino alle persone veramente bisognose, non esercitò in ospedale ma aprì con il fratello Ferdinando un ambulatorio a Mesero; poi fu medico dell’Inam e all’asilo nido del consultorio di Ponte Nuovo di Magenta. Sempre attenta alle prospettive che le suggeriva il cuore e ai consigli del direttore spirituale, accettò la proposta di matrimonio di Pietro.
Fra le carte rintracciate da monsignor Rimoldi e ora custodite a Mesero presso la Fondazione a lei dedicata, c’è una sorta di “inno al sorriso”, che possiamo leggere nello spirito della “regola di vita” che Gianna ha messo in atto nella sua intera esistenza e ha scritto probabilmente quando era presidente della GF di Magenta (1946-1949):
«Sorridere a Dio, da cui ci viene ogni dono. Sorridere al nostro angelo custode perché ci fu dato da Dio per guidarci in paradiso. Sorridere ai genitori, fratelli, sorelle, perché dobbiamo essere fiaccole di gioia, anche quando ci impongono doveri che vanno contro la nostra superbia. Sorridere sempre, perdonando le offese. Sorridere in società, bandendo ogni critica e mormorazione. Sorridere in Associazione bandendo ogni critica e mormorazione. Sorridere a tutti quelli che il Signore ci manda durante la giornata.
Il mondo cerca la gioia ma non la trova, perché lontano da Dio. Noi, che abbiamo compreso che la gioia viene da Gesù, con Gesù nel cuore portiamo la gioia. Egli sarà la forza che ci aiuta».
Maria Teresa Antognazza