Nella 50esima Settimana sociale dei cattolici in Italia, sia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che papa Francesco hanno dato la scossa, invitando i delegati a scelte coraggiose e condivise. Nella delegazione milanese (Silvia Landra, Roberta Osculati e Mariateresa Antognazza) anche Franco Brambilla, responsabile della Coop. In Dialogo cultura e comunicazioni, che ha rilasciato questa intervista.
Nel discorso di apertura della 50esima Settimana sociale dei cattolici in Italia del presidente Sergio Mattarella, cosa colpisce?
Il presidente Mattarella ha rimesso chiaramente al centro la Costituzione come elemento di democrazia per tutti, bisogna salvaguardarla, attuarla anche nei suoi aspetti ancora fragili. Questo non significa che non si possono fare modifiche dell’impianto costituzionale, ma è chiaro che i valori fondamentali dei primi articoli non possono essere toccati, anzi vanno sempre più attuati. La partecipazione democratica non si esaurisce al momento del voto perché è il tessuto sociale che, di fatto, è garanzia della democrazia. Tutti coloro che cooperano per tenere coeso il tessuto sociale sono garanti della democrazia del nostro Paese.
Per il cardinale Matteo Zuppi tenere insieme spirituale e sociale è la lezione della dottrina sociale della Chiesa. Non crede che debba essere recuperata nelle nostre comunità parrocchiali?
Sulla dottrina sociale in sé non ci sono problemi, ma bisogna capire due cose. La prima è come la dottrina possa diventare prassi sia nel dialogo, sia nel confronto, per questo bisogna mettere a tema la partecipazione politica e sociale nelle nostre realtà normali, tornare a parlare di politica anche se è divisiva. Anche Luigi Sturzo diceva che i cattolici sono una parte politica, ma anche che possono sostenere parti politiche diverse, ma non possono non salvaguardare determinati valori e principi nella realtà sociale, comunque non possono sposare tesi estreme che non hanno a cuore il bene della persona. Non possiamo non parlare di politica. Nei nostri ambienti bisogna superare questo tabù!
Quale modalità una comunità cristiana potrebbe favorire l’impegno nella politica?
Ci sono due aspetti. Bisogna ritrovare dei luoghi neutri, fraterni, comunitari dove si possa parlare di impegno politico dei cristiani, delle diverse sensibilità, sia per chi sta nel centro-destra, sia per chi sta nel centro-sinistra, sia per chi sottolinea aspetti identitari o sociali. E’ necessario creare questi ambiti che in parte stanno nascendo. Naturalmente questo è un discorso di minoranze avvertite, culturalmente impegnate, ma è necessario farlo. Dall’altra parte, soprattutto per chi opera nel campo sociale, nelle cooperative, nelle associazioni e nel volontariato, occorre far capire che, pur facendo tante cose positive e impegnative, di fatto svolgono un ruolo di supplenza dello Stato e degli enti pubblici. Senza una rigenerazione della politica anche questi sforzi rischiano di essere vani. La politica può creare le condizioni, le premesse, perché poi possano specificarsi in interventi sociali. Di questo bisogna parlare nelle nostre comunità. Nel mondo cattolico sono molti i volontari impegnati con bambini, anziani, disabili, malati, immigrati, con le fragilità presenti nella società, ma occorre passare da questo volontariato, da questa – mi si passi il termine – “beneficenza” a un’azione che incida nella società. Per questo bisogna impegnarsi anche in politica.
Silvio Mengotto