Solennità di san Carlo Borromeo Celebrazione Eucaristica – omelia
Milano, Duomo – 4 novembre 2022
- La grazia che appassiona Paolo.
Quanto è affascinante la voce che chiama a quell’unità armoniosa, a quella pace, a quella pratica lieta e paziente della carità. Nel volersi bene quotidiano e magnanimo è commovente e consolante riconoscere il compiersi del progetto di Dio che chiama i santi a essere un segno per il mondo, la rivelazione di un senso della storia, lo spettacolo che tutto il cosmo contempla con esultanza. Per messo della Chiesa sia ora manifestata ai Principati e alla Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore (Ef 3,10s)
Nell’edificazione della Chiesa Paolo contempla il compimento della missione di Gesù e la passione che ha segnato la sua vita e ha reso sopportabili le prove dolorose dell’apostolato.
Proprio nelle comunità radunate dalla sua predicazione, proprio nella fede delle genti che accolgono la predicazione della croce di Cristo, proprio in questi gruppetti di cristiani che si radunano nelle case portandovi il loro entusiasmo e anche le lor meschinità, proprio diventa storia il mistero di Cristo, e siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza, la profondità e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3,18-19).
- Il compimento dell’umanità incompiuta.
Nella vita stentata delle comunità dei santi, nelle loro fatiche e contraddizioni, in un contesto poco favorevole, c’è dunque una promessa di pienezza, una vocazione al compimento.
Sembra, in realtà, di abitare un tempo che consiglia di stare fermi, piuttosto che di andare avanti, di accontentarsi piuttosto che di coltivare grandi, nobili, affascinanti desideri, di difendere le posizioni occupate piuttosto che spingersi verso una terra promessa, un paradiso.
Tra gente di questo nostro tempo si è diffuso la persuasione che il futuro sia più da temere che da desiderare. Perciò abitano nell’animo delle persone desideri che sembrano destinati a rimanere sogni, cammini che sembrano segnati da una interruzione irrimediabile. Abitiamo una umanità incompiuta senza speranza di compimento. Vorrei essere felice, ma bisogna accontentarsi di essere tranquillo e godersi qualche momento di allegria. Vorrei essere amato e amare di un amore fedele, eterno, ma bisogna accontentarsi del provvisorio. Vorrei sapere la verità, avere le risposte alle domande che mi inquietano, ma bisogna accontentarsi di condividere le opinioni più diffuse e le incertezze meno precarie. Vorrei vivere bene, per sempre, ma bisogna accontentarsi di una vita che va, inevitabilmente verso la morte.
- A ciascuno la grazia, secondo la misura del dono di Cristo.
L’edificazione del corpo di Cristo è la strada da percorrere per giungere alla pienezza escatologica, cosmica, la pienezza di Cristo.
Paolo si rallegra contemplando la varietà dei doni che diventano ministeri per l’edificazione del corpo di Cristo: egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti … evangelisti … pastori … maestri.
All’inizio di una nuova epoca della storia della Chiesa, san Carlo, dopo il Concilio di Trento, anche per arginare il dilagare della riforma luterana, ha interpretato la molteplicità dei doni per il ministero in modo specialmente clericale, investendo molto sulla formazione dei preti e aspettandosi molto dal clero. San Carlo, anche se in vita non è sembrato molto incline all’entusiasmo, si rallegra ora contemplando i molti frutti che la sua opera infaticabile ha portato, grazie alle virtù e alla dedizione del clero formato secondo le sue indicazioni.
Forse stiamo vivendo anche noi un’epoca nuova della storia della Chiesa e neppure noi sembriamo tanto inclini all’entusiasmo.
Ma lo Spirito di Dio continua a offrire i suoi doni, e anche se talora i contesti ecclesiali si presentano stanchi, un po’ rassegnati, un po’ scettici Dio continua a chiamare gli uomini e le donne di questo tempo a edificare il corpo di Cristo, fino all’uomo perfetto, fino alla misura della pienezza di Cristo.
E noi abbiamo la responsabilità di riconoscere, incoraggiare, favorire, preparare i fratelli a compiere il ministero.
Rendiamo grazie per il dono degli apostoli: sono quelli che accolgono l’invito a partire, ad abitare con il vangelo quei luoghi in cui il vangelo è sconosciuto se non contestato e disprezzato. Rendo grazie per gli apostoli: saranno uomini e donne, consacrati e laici, preti, diaconi, suore, mamme e papà, lavoratori e pensionati, professionisti e operai.
Rendiamo grazie per il dono dei profeti: sono quelli che hanno ricevuto il dono di dire una parola ispirata, per interpretare questo tempo come tempo di missione. Forse hanno studiato in seminario, forse hanno studiato all’università, forse non hanno studiato un gran che, forse sono milanesi che parlano il dialetto milanese, forse sono italiani che parlano tutti i dialetti d’Italia, forse sono gente che parla lingue di altri continenti, ma hanno una profezia per questa nostra Chiesa dalle genti.
Rendiamo grazie per il dono degli evangelisti: sono i messaggeri di buone notizie, sono quelli che di fronte alle miserie della storia, alla desolazione della miseria, all’assurdità della guerra, non indulgono al lamento o allo spavento, ma hanno buone notizie da dare, sono la buona notizia della vocazione dell’umanità alla fraternità, alla pienezza di Cristo.
Rendiamo grazie per il dono dei pastori: sono quelli che conducono il gregge di Cristo e si prendono cura anche di chi resta indietro e delle pecore disperse e della pecora smarrita e la vanno a cercare. Sono i preti nelle loro varie responsabilità, sono coloro che nelle comunità si appassionano per convocare, animare, favorire l’incontro e la vita comune.
Rendiamo grazie per il dono dei maestri: sono le nonne e i nonni che insegnano a pregare e a vivere nel timore di Dio, sono le mamme e i papà, sono le catechiste e i catechisti che accompagnano nei percorsi di iniziazione cristiana i ragazzi e le ragazze, i catecumeni giovani e adulti, sono gli insegnanti, sono coloro che accompagnano verso il matrimonio, verso il presbiterato e verso il diaconato, verso la consacrazione nei diversi istituti di vita consacrata, sono tutti quegli uomini e donne senza incarico, senza specializzazione, che in ogni ambito dalla vita raccolgono le domande, non si sottraggono alle sfide e alle provocazioni e insegnano e danno testimonianza che non è obbligatorio rassegnarsi all’incompiuto, non è un destino inevitabile la disperazione. C’è invece per tutti la vocazione alla pienezza di Cristo.
San Carlo si è dedicato a edificare il corpo di Cristo secondo l’ispirazione e il dono che ha ricevuto senza risparmiarsi fatiche e penitenze, senza evitare pericoli e senza scoraggiarsi di fronte alle resistenze. È riconosciuto dappertutto come un protagonista della sua epoca.
Si deve dire che per questo tempo, forse un’epoca nuova della storia della Chiesa, è stato scelto un vescovo che non ha certo la tempra di san Carlo. Forse è stato scelto perché non sia una specie di protagonista solitario, è stato scelto perché l’edificazione del corpo di Cristo sia cammino sinodale, coinvolga apostoli, profeti, evangelisti, pastori e maestri, non secondo una interpretazione clericale, ma secondo quello che lo Spirito suscita in questo tempo tra i battezzati, tra i catecumeni, tra i seminaristi, i preti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, e tutti i fratelli e le sorelle.
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