Il titolo evoca una modalità dell’ascolto che immediatamente richiama qualcosa di dinamico: l’artista è colui che dà forma a qualcosa che prima non c’era e nelle sue mani, come si dice spesso, prende vita. Così dovrebbe essere l’ascolto, non solo una fase a sé stante del cammino sinodale, ma l’inizio di un processo dinamico che fa nascere anzitutto relazioni tra persone da cui possono nascere scelte innovative, sorprendenti.
Convocati dallo Spirito
Nell’ultimo weekend di giugno una trentina di adulti si sono dati appuntamento a Eupilio per un momento di formazione sull’arte dell’ascolto: il titolo recitava così “Convocati dallo Spirito”, e già si intuisce che per ascoltare lo Spirito bisogna prestare una attenzione particolare ai luoghi in cui lo Spirito si rende presente. Ma anzitutto lo Spirito è creatività, è molteplicità, è fantasia e quindi non si lascia catturare e definire in confini ristretti e senza vie d’uscita. Lo Spirito è nella ricchezza della vita, nella dinamicità delle scelte, nei luoghi in cui si sceglie di promuovere un cambiamento. Potremmo dire che lo Spirito ci convoca dove la vita accade, dove c’è un desiderio di riscatto, dove si incontrano persone che non si arrendono: è interessante che il passo per rispondere alla convocazione sia stata una ricerca di luoghi, di situazioni e non una definizione teorica della “convocazione” o una risposta moralistica del tipo “dobbiamo rispondere”.
L’ascolto della Parola
Il primo passo lo abbiamo fatto ascoltando la Parola, cercando nel testo biblico esempi di incontri, di luoghi in cui lo Spirito ha dato vita a qualcosa che prima non c’era, ha rilanciato situazioni che sembravano bloccate, a partire dalla scelta di Gesù di abitare a Nazaret per 30 anni, dando dignità alla vita ordinaria e dicendo, implicitamente, che quello è il luogo dell’incontro da Dio e Uomo, luogo di vita, luogo della cura, luogo “spirituale”.
L’intervento di Marianella Sclavi
Il secondo passo, un passo importante perché crea le condizioni per cercare di non perdere nulla dei suggerimenti dello Spirito, lo abbiamo fatto parlando dell’arte dell’ascolto con l’intervento di Marianella Sclavi, da decenni esperta di processi creativi nella gestione dei conflitti. È stato l’incontro con un metodo per ascoltare in profondità le persone, e il primo passaggio è il cambiamento di prospettiva con cui si guarda una persona, una situazione. Ciò che fonda il metodo proposto è ritenere il proprio interlocutore un soggetto intelligente, con la propria dignità, e quindi un interlocutore che ha qualcosa di significativo da offrirmi. Sembrerebbe un atteggiamento scontato e semplice da attuare, nei fatti è invece una pratica difficile da vivere, non perché siamo cattivi o diffidenti, ma perché il primo passo da compiere è che dobbiamo riconoscere che il nostro punto di vista è parziale, non abbiamo una visione completa della realtà. Per uscire da questa situazione ci vuole un metodo, non basta la buona volontà, ci vogliono delle prassi, delle procedure, come capita nei cammini di conversione: c’è il momento della scelta e poi c’è la vita quotidiana da gestire in modo nuovo, con uno stile diverso, con attenzioni diverse. Meno male che in merito all’ascolto, alla gestione creativa dei conflitti c’è chi ha dedicato una vita di studio e di passione e ci consegna una prassi che ci permette di assumere una posizione di vero dialogo e ascolto profondo. (Per chi volesse approfondire, il testo che racconta il metodo è
“L’arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte”, Marianella Sclavi, ed. Pearson)
Ascoltare le situazioni
Il terzo passo è stato il tentativo di ascoltare tre situazioni, tre macro-aree che nella pastorale si attraversano, rischiando però di dare poca attenzione a chi le sta vivendo. Stiamo parlando di una pastorale dell’accoglienza, del lavoro, e dell’ecologia. Si sono messe in evidenza delle scelte di tempi, di spazi in cui anzitutto incontrare le persone, ascoltarle, confrontarsi, e solo dall’ascolto si sono poi evidenziate delle possibili azioni, nel quarto passo del percorso del modulo formativo, in cui, guarda caso, l’ascolto costante è rimasto come cifra delle scelte, e l’orizzonte si è allargato alla creazione di una comunità di soggetti in relazione.
Questo modulo formativo, vissuto finalmente in presenza, ci ha permesso di mettere a fuoco la questione dell’ascolto, anche dello Spirito, ponendola in un contesto relazionale che non può essere confinato in un momento particolare del cammino ecclesiale. L’ascolto è uno stile costante, è una possibile negoziazione che diventa una scelta relazionale imprescindibile, è ciò che non rende l’altro semplicemente una categoria, un problema da risolvere, una questione da gestire. L’ascolto è anzitutto riconoscere all’altro la propria unicità, sempre. Nel cammino sinodale, che si è voluto riprodurre nel modulo formativo, l’ascolto non è un momento del percorso, è lo stile che fa nascere relazioni che permetteranno di giungere a scelte che hanno alla base un riconoscimento della dignità e dell’unicità di ciascuno, all’interno di comunità accoglienti e capaci di rimettersi in discussione.
Ottavio Pirovano