Il 24 febbraio scorso si è volto a Monza, nell’ambito del percorso “Crescere in Famiglia”, promosso dall’Azione Cattolica di Monza, l’incontro dal titolo “Come rimanere radicati nell’amore?”. La arricchente relazione è stata tenuta da don Aristide Fumagalli (Teologo di Teologia morale).
Rimanere nelle Vite
“Per rimanere “vitali” occorre certo rimanere nella Vite. È infatti la linfa che scorre dalla vite nei tralci che fa produrre frutto. E la linfa che dà vita è lo Spirito, l’Amore di Dio, grazie al quale diventiamo capaci di amare.” È questo l’incipit di don Aristide nella sala gremita presso la Parrocchia del Sacro Cuore a Monza dove si svolge il percorso in cui l’incontro è stato inserito.
Poi il teologo prosegue e precisa: “Dire “capaci di amare” però non dice ancora abbastanza. Lui (Cristo), infatti, ha reso possibile per noi e ci ha comandato di amare sì ma: “come Lui”. E amare “come Lui ci ha amato”, non è solo il dare la vita (ossia spendere tutta la propria vita per gli altri), ma è amare in modo che i destinatari del nostro amore “prendano vita”. “
Ci sono forme amorose, spiega don Aristide, nelle quali uno si spende fino all’ultima goccia di sangue ma diventano soffocanti per gli altri (accade a volte anche nelle famiglie, ci sono forme paradossali di amore in cui l’altro perde anche la vita ma chi ama ritiene che l’altro debba accettare l’amore suo, si vedano anche alcuni casi di femminicidio). L’amore di Cristo invece è quello di chi dà vita cioè, quello di chi dà la propria vita, certamente, ma dando vita (“Sono venuto perché abbiate la vita e l’abbiate in abbondanza.”) e i cristiani sono coloro che concedendosi all’attrazione dello Spirito vengono potenziati, abilitati ad amare così.
Questo, riprende il Teologo, è reso possibile dallo Spirito. La linfa, infatti, che ci consente di restare vitali e amorosi (“generativi”) è propriamente lo Spirito. Ma lo Spirito come lo si può afferrare? Come lo si incrocia? Di per sé non sappiamo di dove viene e dove va, non abbiamo la possibilità di afferrarlo. Esso potrebbe apparire come il vento, non lo vediamo, non lo sentiamo e non lo afferriamo, è inodore insapore, ne percepiamo solo gli effetti.
Come si incrocia lo Spirito?
Innanzitutto, chiarisce don Aristide, lo Spirito è sorprendente, può essere ovunque non lo si può contenere e, pervadendo la terra, agisce in ogni luogo. Niente, nessuna persona, nessuna situazione, anche la più disperata è al di fuori della Sua attrazione. Perciò se lo Spirito versa nel cuore dei credenti l’amore di Dio allora laddove si vedesse anche un solo gesto in cui noi riconosciamo questa somiglianza al modo di amare di Gesù allora lì è all’opera lo Spirito. Lì lo incontriamo, lì attraverso un atteggiamento di discernimento lo si può incrociare.
“Ecco, chiarito che non possiamo ingabbiare lo Spirito in qualche luogo”, prosegue don Aristide, “certamente però Esso è all’opera in alcuni luoghi o “fonti certificate” di presenza dello Spirito”.
Le Scritture
Il primo luogo è la Scrittura. Si rimane radicati nell’Amore dove si annuncia, si legge, si ascolta la Parola. Perché racconta l’Amore di Cristo. Lì certamente è all’opera lo Spirito. E una sorta di orchestra la scrittura…sono tanti libri come se fossero tanti strumenti. I Vangeli sono la forma più prossima di scrittura. Lo Spirito entrando in queste lettere produce la Parola di Dio. Il racconto dell’Amore di Cristo è una delle forme con cui lo spirito alimenta la vita dei cristiani e li mantiene in Cristo. Se non senti raccontare di Lui come farai a rimanere in Lui? Il racconto poi non è solo una comunicazione intellettiva, ma anche affettiva. Smuove le emozioni (“Signore tu sei il mio pastore non manco di nulla”). Sia nel modo della Lectio divina, oggi purtroppo non molto frequentata, sia in altri modi, che la creatività può suscitare, occorre quindi rimanere agganciati alla Parola.
I Sacramenti
In secondo luogo, continua don Aristide, si rimane radicati nell’Amore di Cristo attraverso i Sacramenti. Sono i segni sacri dell’amore di Dio, anzi, azioni di Cristo in cui Lui stesso è all’opera. Sono i gesti dell’Amore suo, cioè, esso viene rappresentato in modo simbolico attraverso i Suoi gesti. Noi non vediamo l’Amore, di per sé è invisibile, ma si vedono i segni dell’Amore (un bacio non è l’amore, ne è un segno e in esso non può essere racchiuso). Pur non potendolo rinchiudere nel segno, senza i segni l’Amore non potrebbe essere conosciuto, cioè il segno indica, rivela ciò che invisibilmente è presente. Ecco, quindi, che per rimanere in Cristo occorre celebrare e ricevere i Sacramenti.
Oggi anche questo pone dei problemi consistenti: la frequenza alla S. Messa e alla Confessione è molto diminuita. Ma come è possibile rimanere nell’Amore di Cristo senza ricevere i Sacramenti? Per rimanere nella Vera Vite, che è Cristo, bisogna nutrirsi della Santa Eucarestia che, come diceva il compianto Cardinale Carlo Maria Martini, è Sacramento che vivifica e fortifica. Per alimentare l’amore insomma occorre il gesto, abbracciare l’altro, baciare l’altro, nutrire l’altro e certo l’amore presente nei nostri cuori non si trasmette senza gesto. Avvertiamo però che oggi i Sacramenti stentano a mostrare effettivamente l’Amore. Si pone anche qui un’esigenza di creatività.
Come rimanere radicati nell’amore? Ascoltare e celebrare
Per rimanere nell’Amore di Cristo (nella vite) quindi, continua don Aristide, occorre ascoltarLo (Parola), celebrarLo (sacramenti) ma occorre anche incontrarlo condividendo la propria vita con i fratelli nella Chiesa (corpo). Il terzo luogo, infatti, in cui lo Spirito è presente è la Chiesa. La Chiesa è il corpo dell’Amore di Cristo, costituito dalle donne e dagli uomini “spirituali”, è la comunione di coloro che ascoltano la Parola e ricevono i Sacramenti ossia di coloro che ricevono lo Spirito e ne testimoniano appunto la presenza con la loro carne, la loro vita nell’Amore. Chi è spirituale e ama molto mostra l’amore Suo, lo fa vedere con la sua vita, lo fa incontrare. Ecco qui anche la Missione che naturalmente scaturisce dalla comunione presente nella Chiesa!
Purtroppo, un altro profilo problematico sollevato da don Aristide è che stentiamo ad essere Corpo e quindi a fare e offrire esperienza dell’Amore di Dio che non incontreremo mai se non attraverso la carne di qualcuno. L’amore, infatti, fino a quando non prende carne non c’è! La stessa esperienza matrimoniale dice quanto incarnato sia l’amore. Eppure, la comunità cristiana che è il Corpo mistico di Cristo sembra impalpabile, oggi ci si incontra saltuariamente, spesso non conosciamo chi sono gli altri fedeli, siamo timorosi nell’accoglienza, la comunità non condivide l’economia (non nel senso che non ci sia l’elemosina, ma non ci sono forme di condivisione vera, per cui a nessuno manchi il necessario), etc., Questo ed altro rende la comunità appunto rarefatta. Occorre anche qui un cambiamento creativo.
Ma non dobbiamo essere pessimisti al riguardo della creatività. Don Aristide stesso ci rassicura che non mancano segni di vitalità, sta a noi riconoscerli e coglierli come segni dello Spirito esercitando insieme come Battezzati un attento discernimento comune. L’esercizio di una piena sinodalità non potrà che aiutare la chiesa in questo cammino.
Paola e Raffaele Quitadamo Azione Cattolica Monza