Ancora venti di guerra. Ancora violenza, feriti, morti, famiglie in lacrime, case distrutte. Popoli in armi, gli uni contro gli altri. Forse senza sapere il perché.
Quanto accade tra Russia e Ucraina atterrisce, sgomenta, non ha senso. Inutile cercarne: il senso non c’è. O, forse, c’è nella mente di chi scambia il nazionalismo feroce per patriottismo, per chi continua a fidarsi di leader dittatoriali travestiti da “messia”, per chi è rimasto all’epoca della soluzione dei problemi mediante la forza, anziché percorrere la via della ragionevolezza, della diplomazia, della Politica. Quella con la maiuscola, come direbbe papa Francesco.
Putin e il suo entourage hanno perso il senso della realtà. Fermarli o lasciarli fare? Usare le armi contro le loro armi oppure abbandonare il popolo ucraino? E quale incoraggiamento ne avranno gli altri dittatori del mondo se a Putin si lascia carta bianca? E l’Onu dov’è? Gli Stati Uniti? L’Europa? La Nato?
Tutte domande lecite, nella speranza che i Capi di Stato e le Organizzazioni internazionali vi stiano riflettendo, cercando di portare il Cremlino a più miti consigli, evitando un’escalation che rischia di coinvolgere l’Europa intera.
Pace. Questa sola va invocata.
Senza trascurare – sarebbe ingenuo e dunque colpevole – ogni questione correlata: le ambizioni territoriali di Putin, il nazionalismo russo e anche quello ucraino, gli interessi economici ed energetici, le sanzioni… E come dimenticare il fatto che l’Occidente si accorge delle guerre solo quando rischiano di disturbare il proprio quieto vivere e i propri affari. Mentre decine di conflitti dimenticati accompagnano la storia, anche quella di oggi, in Africa, Medio Oriente, Estremo Oriente, America Latina, mietendo vittime e alimentando ingiustizia e povertà tra quei popoli che già vivono immersi in ingiustizie e povertà.
Una guerra, quella scatenata da Putin, che – non va dimenticato – arriva a due anni dall’inizio della pandemia mondiale: come se tale tragedia mondiale in atto non avesse insegnato nulla.
Eppure questo è ancora tempo di speranza, di preghiera, di fraternità. L’Azione cattolica ambrosiana fa suo l’appello del Forum Internazionale di Ac che invita a pregare assieme per la pace domenica 27 febbraio. Ugualmente saremo in preghiera, attorno a papa Francesco, nella giornata di mercoledì 2 marzo.
Come ha affermato il nostro presidente nazionale, Giuseppe Notarstefano, «alla comunità internazionale chiediamo di dare ascolto alla domanda di pace che viene da tutto il mondo, ricercando senza sosta ragioni e strumenti per fermare il conflitto e realizzare un’autentica architettura di pace globale».
Non ultimo, un richiamo da un profeta di pace. Nel 1955 don Primo Mazzolari scriveva nel suo manifesto pacifista Tu non uccidere: «Il cristiano è un uomo di pace‚ non un uomo in pace: fare la pace è la sua vocazione».
Mazzolari scriveva ancora: «Cristianamente e logicamente la guerra non si regge. Cristianamente, perché Dio ha comandato: “Tu non uccidere” (e “Tu non uccidere”‚ per quanto ci si arzigogoli sopra, vuol dire: “Tu non uccidere”); e per di più si uccidono fratelli, figli di Dio, redenti dal sangue di Cristo; sì che l’uccisione dell’uomo è a un tempo omicidio perché uccide l’uomo; suicidio perché svena quel corpo sociale, se non pure quel corpo mistico, di cui l’uccisore stesso è parte; e deicidio perché uccide con una sorta di “esecuzione in effigie” l’immagine e la somiglianza di Dio, l’equivalenza del sangue di Cristo, la partecipazione, per la grazia, della divinità».
Don Primo ci ha lasciato queste altre lucide, attualissime parole: «Chi pensa di difendere, con la guerra, la libertà, si troverà con un mondo senza nessuna libertà. Chi pensa di difendere, con la guerra, la giustizia, si troverà con un mondo che avrà perduto perfino l’idea e la passione della giustizia. […] Chi pretende difendere con la guerra la cristianità, riporterà la Chiesa alle catacombe. Chi vuol difendere con la guerra la civiltà cristiana, s’accorgerà d’aver aperto la strada alla barbarie».