Nei grandi crocevia della vita si levano sempre le domande più vere.
Perchè siamo giunti fino a qui? Come possiamo attraversare quello che stiamo vivendo? E, infine, da dove possiamo ripartire? Vengono spesso tutte insieme e affollano la mente, senza possibilità di trovare facili risposte. Lo sappiamo bene. Ciascuno ha sperimentato e sperimenta questi interrogativi nella propria biografia. Nei tornanti di questi ultimi anni sono senz’altro risuonati con grande insistenza. La vicenda della pandemia che sta lentamente sfumando li ha fatti fiorire con forza. Capire da dove e come ripartire è qualcosa di cui abbiamo sentito l’urgenza, ma cui non abbiamo ancora risposto del tutto, mentre ci avventuriamo nel tempo inedito che si è in qualche modo aperto.
Oggi queste domande ci vengono da una guerra che sentiamo troppo vicina e pericolosa.
La sua forza sembra persino più dirompente della pandemia, perché mette in discussione gli scenari in campo, ridisegnando forze ed equilibri. Anche in questo caso rifioriscono le stesse domande. Come si è giunti qui? Dentro quali crisi e quali dimenticanze? Come si attraversano giorni così? E da dove si può ripartire? Certo, le ripartenze sono più grandi di noi, ma le questioni che si sollevano non possiamo trascurarle. C’è qualcosa che deve rinascere dai cuori, anche se segnati da una grande impotenza. Infondo iniziare una Quaresima non significa anche questo? Ripensare ai modi di fare, ai pensieri, agli stili e, dentro di essi, raccogliere l’invito alla conversione? Vengono alla mente le parole del libro del Siracide che la liturgia ci ha regalato, preparando il cammino quaresimale: «La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente». Come dire: c’è bisogno di uno sguardo più ampio per ripartire. Se il nostro sguardo si spinge al massimo a chi ci è vicino, a chi è dei nostri, quello di Dio raggiunge ogni vivente. Le resistenze, le rabbie, le contrapposizioni, senza annullarne la fatica che esse generano e comportano, si sciolgono, almeno un poco, in questo sguardo che chiede di essere assunto. Non solo nei grandi conflitti, ma anche in quelli piccoli e più quotidiani che, talora, ci annebbiano la vista.
Quello sguardo su ogni essere vivente di cui ci parlava Siracide è quello che ha incontrato Zaccheo dal suo sicomoro.
Dal basso Gesù lo ha visto e chiamato e lui ha sperimentato quello che alla fine Lui ha detto per ogni uomo: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». Nella perdita di ogni sole che illumina, quello sguardo è capace di ogni ripartenza. Da ogni confine, da ogni conflitto, da ogni divisione. Per sempre Zaccheo ci aiuta a fissare l’immagine di Dio e dell’uomo. Ecco una ripartenza: Ogni uomo -io e te, lo Zaccheo di eri e di oggi, nel dramma che stiamo vivendo- è l’immagine di Dio.
«Finchè conserveremo quell’originalità che Dio ci ha impresso e assegnato, non diventeremo copie di altri, dei falsi. Ognuno di noi, proprio grazie alla propria immutabile unicità, potrà annunciare qualcosa di nuovo e di vero su Dio e sul suo inesauribile mistero» (Th. Halík).
Insieme potrà annunciare qualcosa di nuovo sull’uomo e sul suo vivere: «voi siete tutti fratelli!». Da qualche anno a questa parte incominciare la Quaresima non è stato facile né scontato. Eppure sentiamo quanto sia necessario incamminarsi. Il seme della conversione comincia a germogliare da quanti lo sapranno accogliere.
Don Cristiano Passoni, assistente generale dell’Azione Cattolica ambrosiana