Nella storia del diluvio/pandemia i terrestri cercano salvezza, salvezza dalle mani dei nemici: malattia, solitudine, recessione, paura, violenza… in altre parole, morte. Viene costruita un’arca, vi salgono donne, uomini e animali dice il racconto biblico in Genesi. Arca, immagine della Chiesa. Simbolo: guardate qui, qui c’è salvezza, Il Signore non si è pentito della sua creazione amorosa. Lo diciamo noi dall’arca, lo testimoniamo. Dio non si stanca di odorare il profumo della sua creazione, con perseveranza paterna/materna, con viscere di misericordia, non si stanca. Ma ecco, ciò che sembra perfetto – facciamo un’arca e restiamo qui, noi, i salvati e fuori gli altri (i sommersi) – ciò che dovrebbe testimoniare la salvezza non va, non basta. Tante buone cose, iniziative, buona volontà ma anche autosufficienza, un mettere al centro la propria capacità di fare, di potere, di disporre … e il pericolo per l’arca è alle porte. Si è specializzata l’arca, strutturata, gerarchizzata (troppo). Nell’arca alcuni (troppi) faticano a capire che da qualche secolo si gusta il profumo della libertà, della democrazia, della partecipazione, da praticare e da apprendere, sperimentando, sbagliando anche, ma così è.
Fuori, fuori, andate! C’è un mondo di figli e figlie benedetti, c’è la vita in tutte le sue forme, meravigliose e tragiche, un universo da studiare, anzi un pluriverso, la complessità di mondi da vivere. E allora, come pescatori, uscite in mare aperto, gettatevi nella vita, vivete e amate. Il Maestro ha provato a mostrarvi come. Lo va dicendo sulle strade, nelle case, incontrando persone e soprattutto tra i suoi e le sue, discepoli e discepole che lo seguono in comunità di intenti e di affetti. Tutto sta in quel come.
Non ne siamo capaci, Gesù di Nazareth. Riusciamo solo a far trasparire (a volte) le misericordie che riceviamo e reciprocamente ci doniamo. Ma tutto il resto è lotta, conflitto, divisione.
Andate, non badate all’arca, voi pensate alla vita, non fate distinzioni tra dentro e fuori. Avete le reti, vi farò pescatori…ma le reti imprigionano i pesci, i pesci no, sono da salvare. Non vi siete accorti? Siete voi le reti. Siete voi i pesci. Siate reti, reti di sostegno, a maglie larghe, per liberare e liberarvi. Ecco c’è un mondo di uomini e donne, bambini e bambine, animali, piante, acque, montagne da liberare dalle violenze, dagli abusi, dalla fame, dall’inquinamento, dalla guerra, dal fanatismo, dalla parola falsa, dalle piccole rigidità quotidiane. Potere è poter fare e poter dire, e lasciare spazio, curare e custodire. Pescate, non predate, e beneditevi, sempre e comunque.
Maura Bertini