L’incontro fra Matteo Truffelli, presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, e don Julian Carròn, presidente della fraternità di Comunione e Liberazione, tenutosi lo scorso 13 maggio in Università Cattolica, rappresenta un momento significativo nella storia di entrambe queste realtà.
È certamente il “punto di arrivo” di un percorso di ascolto e collaborazione iniziato “in sordina” in questi ultimi anni, ma allo stesso tempo anche un “punto di inizio” per un cammino di rispetto e “riconoscimento reciproco” che speriamo possa portare frutti positivi e inaspettati per il futuro della Chiesa italiana.
Non era mai accaduto, infatti, che i massimi esponenti di due delle maggiori associazioni cattoliche del Paese si trovassero a dialogare insieme in pubblico, rispondendo alle domande del giornalista Ferruccio De Bortoli.
Punto di partenza della discussione è stata l’ultima enciclica sociale di papa Francesco, la “Fratelli tutti” e la situazione di crisi sanitaria vissuta dal mondo intero in quest’ultimo anno e mezzo. Sollecitati da De Bortoli, Truffelli e Carròn hanno sottolineato come il Covid-19 abbia messo sotto scacco la visione individualista che dominava il mondo e le relazioni sociali, dove tutti cercavano il proprio tornaconto personale e le stesse realtà nazionali erano incapaci di collaborare in vista di una convivenza pacifica e del bene comune dei propri cittadini. La pandemia, ha ricordato papa Francesco, ha evidenziato come il mondo fosse malato anche prima e come ora “ci troviamo tutti sulla stessa barca”, essendo impossibile potersi salvare da soli: è quanto ha dimostrato sia la ricerca scientifica, che ha unito intelligenze di paesi diversi, sia la realizzazione di vaccini salvavita per tutti. La strada da poter indicare per rinnovare e migliorare le esistenze è quella del “paradigma della fraternità”, così da poter vivere questo tempo particolare come “una stagione propizia, in cui è più facile riconoscersi fratelli”. Di fronte alle sfide del presente e alle sfide del futuro – ai cambi di paradigma, sostenibilità, transizione ecologica, trasformazioni economiche e sociali di portata epocale – cos’hanno da dire i credenti? Quale il loro impegno e il loro contributo per lasciare un mondo migliore ai propri figli e nipoti?
Carròn ha ricordato il periodo successivo al secondo conflitto mondiale, dove uomini guidati da grandi ideali hanno dato vita al primo step di quella che è poi diventata l’Unione Europea, una realtà sovrastatale che sarebbe stata impensabile all’epoca, ma che invece ha permesso al continente europeo il periodo più lungo di pace che esso abbia mai conosciuto nella storia.
Truffelli, richiamando alcuni passi dell’Evangelii Gaudium, ha sottolineato come l’impegno politico sia un dovere naturale per ciascun credente, ma che non si debbano più replicare gli errori del passato, quando si era interessati “dall’occupazione di spazi e potere”; si tratta, ora, di “mettere a disposizione del Paese, dell’Europa, del mondo, alcune persone” che siano in grado di offrire soluzioni condivisibili e realizzabili ai problemi, “che vadano oltre il recinto del mondo cattolico”, senza limitarsi a rispondere ad esigenze di mera “visibilità”, ma cercando il consenso più ampio possibile fra tutti gli elettori, senza sposare solo alcuni temi rispetto ad altri (ad esempio, difesa della vita o immigrazione).
Carròn, allora, utilizzando le immagini efficaci di un coro o di un’orchestra e della loro armonia, ha insistito sulla necessità di “mostrare esperienze concrete di comunione e fraternità che siano convincenti” e che non limitino la libertà delle persone ma, al contrario, la espandano al massimo, rispondendo così alle esigenze di pienezza e felicità degli uomini e delle donne di questo tempo.
Le individualità, infatti, possono espandersi ed esaltarsi solo quando concorrono efficacemente all’opera comune, senza particolarismi o egoismi di sorta, ma nell’aiuto e nel sostegno reciproco, portando ciascuno il proprio contributo. Le diversità possono essere una ricchezza e i credenti sono chiamati a costruire ponti, a cucire tessuto relazionale positivo, a rattoppare situazioni di conflitto e di violenza. Entrambi i protagonisti della serata hanno poi concordato sulla necessità di mostrare un volto attrattivo e gioioso del Cristianesimo, perché solo dall’incontro con persone felici e pienamente realizzate è possibile avviare processi di cambiamento più fraterni, che interessino altre persone e che mostrino la bellezza dell’essere cristiani.
Infine, il richiamo alla sinodalità e al cammino che si apre per la Chiesa italiana, “tempo propizio” per vedere all’opera lo Spirito e per disegnare le comunità civili ed ecclesiali del futuro, più coese e solidali, a misura degli uomini e delle donne che le abiteranno.
Alberto Ratti
Membro del Centro Studi dell’Azione Cattolica Italiana