Sin dalla presentazione degli Esercizi Spirituali ai 65 sacerdoti accorsi domenica 8 gennaio dai Carmelitani a Bocca di Magra (SP), l’ottimo e celebre predicatore padre Pietro Bovati, gesuita e biblista di fama internazionale, ha dichiarato il filo conduttore delle sue meditazioni: nessuna figura biblica è più adatta del profeta Geremia, a fare da punto di riferimento in una situazione, com’è l’attuale, di sfarinamento delle abituali consuetudini personali e sociali, ed in un orizzonte culturale fatto di liquidità dei valori condivisi, precarietà degli affetti, e pluriformità pratica dell’espressione della fede popolare.
L’attuale nostra situazione storica, che il predicatore non ha esitato a definire come “un vero e proprio cambio d’epoca” e non come una semplice fase in cui troppi nodi sono giunti contemporaneamente al pettine, è stata quindi l’orizzonte ideale di questi Esercizi Spirituali, organizzati dall’AC ambrosiana e pensati in particolare per i sacerdoti lombardi impegnati nella nostra associazione come assistenti.
Ad essi è stata illustrata questa prospettiva: poiché nella storia della salvezza proprio i momenti di passaggio come questo sono sempre stati caratterizzati dal sorgere di nuovi profeti, allora i sacerdoti riconoscano che anch’essi, così come gli altri credenti, sono invitati a scoprire in sé la capacità di offrire una testimonianza profetica al mondo contemporaneo.
Ecco allora il perché del titolo dato a questi 5 giorni di predicazione e condivisione fraterna: “Chiamati alla profezia. Un percorso di preghiera alla scuola del profeta Geremia”.
Se appare ormai chiara la ragione della scelta dell’icona biblica proposta – Geremia è il profeta che più di ogni altro è vissuto in una cornice storica assai simile alla nostra -, cosa è possibile ricavare di utile per noi, dalla sua personale esperienza di uomo di Dio alle prese con le ragioni del credere in tempi calamitosi e
incerti?
E più in generale: cosa qualifica l’atto della profezia, perché possiamo riviverne il carisma nel mondo d’oggi?
Geremia è stato profeta, anzitutto perche è stato in grado di leggere la realtà con verità, prescindendo dai facili irenismi dei suoi contemporanei: constatando nella sua società un’ingiustizia dilagante, il tornaconto personale assurto a comandamento supremo e la fede nel Dio dei Padri scalzata dalla fiducia in calcoli e
logiche esclusivamente mondani, Geremia non poteva che formulare per l’immediato avvenire del suo popolo, del sacerdozio e della monarchia, la logica previsione di un futuro di conflitti crescenti, fino alla guerra e alla disfatta.
Pur desiderando una conversione immediata di tutti alla logica di un Dio rivelatosi come custode della giustizia e principe della pace, Geremia, non scorgendone intorno a sé le premesse, indicava piuttosto la possibilità di un ritorno al Signore, attraverso la dolorosa accettazione che quanto stava accadendo fosse la
naturale conseguenza delle proprie deplorevoli azioni, e poi attraverso un sincero pentimento per il male compiuto; operazione, quest’ultima, sempre possibile e fruttuosa, perché garantita dall’irrevocabile benedizione che Dio aveva solennemente accordato una volta per tutte al suo popolo, Israele.
Da qui nascevano le ragioni del conflitto fra Geremia ed i membri della casta sacerdotale e della nobiltà, da lui definiti, al di là delle apparenze e senza eccezioni, come dei “falsi profeti”: gente dedita a dire ciò che gli interlocutori desideravano udire, a prescindere dalle circostanze oggettive; gente che attraverso la riproposizione acritica di pratiche e soluzioni tradizionali, predicava la possibilità di un ritorno alla situazione precedente alla crisi, senza la necessità di cambiare alcuno dei fattori d’iniquità e sopruso che l’avevano innescata ed incancrenita; infine gente che, nonostante utilizzasse le stesse formule e lo stesso
lessico degli antichi profeti che avevano forgiato l’unità della nazione, pur di promuovere il proprio tornaconto oggettivamente procurava divisioni e discordie in seno al popolo, anziché operare per la concordia ed il bene comune.
Geremia, così come Giovanni il Battista – altra figura biblica che padre Bovati ha proposto come modello-, non sempre capiva tutto, non sempre poteva suggerire soluzioni praticabili, e di ciò, così come del peso dell’ostilità crescente intorno a lui, osava perfino lamentarsi col suo Signore; ma la grandezza della sua fiducia nel Dio che si era a lui rivelato, all’inizio della sua personale vocazione profetica, come l’Emmanuel, lungi dal venirne scalfita, ne viene altresì magnificata.
Questa, secondo padre Bovati, è l’eredità più preziosa offerta dal carisma profetico al nostro mondo:
incarnare per tutti la possibilità del credere e dello sperare, al di là delle contraddizioni e delle effimere illusioni mondane, confidando sempre e solo in Colui che ha promesso il bene all’uomo di ogni tempo.
Don Fabio Stevenazzi