Il nostro Arcivescovo mons. Mario Delpini, nella Proposta pastorale per l’anno 2023-2024, dal titolo Viviamo di una vita ricevuta, ha toccato diversi temi, tra i quali, l’educazione affettiva, la preparazione al matrimonio religioso, l’accoglienza della vita, il lavoro, la pace e il tempo della terza età. Rispetto al tema del lavoro o, meglio, della “dignità del lavoro”, l’Arcivescovo invita le comunità cristiane a riflettere e a prepararsi a vivere i cambiamenti in corso con rinnovato impegno e passione.
Il lavoro parte preponderante della vita
Il lavoro è considerato dalla lettera pastorale come parte preponderante della vita, soprattutto in un’epoca di grandi trasformazioni tecnologiche e crescente precarietà. Sembra un’ovvietà ma il lavoro di oggi è difficilmente inquadrabile con le categorie tradizionali. Le trasformazioni tecnologiche tendono a rendere molto simili tra loro i profili professionali e si intravvede una crescente invadenza dell’Intelligenza Artificiale per ciò che riguarda non solo i processi che possano essere automatizzati ma anche i contenuti del lavoro. Oggi il dibattito sul contenuto del lavoro è stato ampiamente sostituito con quello collegato al Welfare, al benessere dei lavoratori in azienda.
Innovazione e umanizzazione
A tale riguardo l’Arcivescovo invita i cristiani ad una maggiore responsabilità e apertura verso le innovazioni tecniche e organizzative capaci di umanizzare il lavoro e renderlo più soddisfacente e generativo, contribuendo al bene comune. Come questo possa accadere è difficile da immaginare. Non c’è un modello per tutti. Ma, per iniziare, si potrebbero studiare percorsi di formazione dedicati ai lavoratori su come possano contribuire a valorizzare la tecnologia per migliorare ogni aspetto della vita lavorativa e non solo la produttività delle imprese.
L’Arcivescovo ritiene che le imprese siano soggetti autonomi e innovativi, responsabili nella creazione di valore per la società. Questa creazione di ricchezza e valore dovrebbe però avvenire senza compromettere la dignità del lavoro.
Nuove forme di cooperazione
Passando alle azioni, la lettera pastorale, invita a trovare nuovi equilibri e forme di cooperazione tra i diversi soggetti d’impresa, per garantire il rispetto e il riconoscimento del lavoro di tutti. Sembra una visione idealista. Certamente non è un’azione sostenibili a livello individuale, anche se questo aspetto è fondamentale in termini di testimonianza. La cosiddetta cooperazione richiede un posizionamento nuovo da parte dei cattolici e delle loro organizzazioni al fine di promuovere il lavoro come valore in sé, accessibile a tutti anche sotto forma di compartecipazione.
Oggi è di moda parlare di conciliazione tra vita e lavoro e di diminuzione del tempo dedicato al lavoro per una maggiore cura degli aspetti personali e familiari. Questa tendenza, che ha subito un’accelerazione dopo il COVID, punta a voler, da una parte, valorizzare gli aspetti collegati al lavoro agile (smartworking) e, dall’altra parte, desidererebbe un maggiore coinvolgimento e comprensione del contributo dei lavoratori al futuro dell’azienda e al mondo. Queste posizioni si stanno un po’ stemperando poiché si assiste a fenomeni contraddittori: dalle dimissioni volontarie per la ricerca di nuovi significati esistenziali fino alla conclamata minore responsabilità delle nuove generazioni a farsi carico delle mission aziendale.
Un senso integrale del lavoro
In tale contesto, con diverse puntualizzazioni e auspici, la Chiesa può aiutare lavoratori e imprenditori a ritrovare un senso più integrale del lavoro, dove gli aspetti economici si integrano con la generazione di valore sociale, ambientale e culturale. È un’operazione di lungo periodo, ma può darsi che la tecnologia possa darci una mano.
Infine, la lettera dell’Arcivescovo non dimentica gli ultimi e invita a considerare la nuova frontiera del lavoro povero, quel lavoro che, nonostante l’impiego regolare, impedisce ai lavoratori di raggiungere un reddito adeguato. Le forme di povertà di coloro che non hanno un reddito sufficiente per permettersi di vivere una vita dignitosa, pur lavorando, dovrebbe costituire la maggiore preoccupazione non solo delle istituzioni ma anche degli stessi imprenditori.
Demetrio Macheda – Commissione Lavoro