Mesi di dolore e di ansia hanno attraversato persone e famiglie finché il vaccino non ha rincorso e prevalso sul virus: tutto dimenticato? Cosa abbiamo imparato? E’ cambiata la nostra vita? Come cambierà? Istituzioni e associazioni religiose e laiche si sono attivate: la ripresa ora dipende anche dall’impegno di ognuno di noi.
Durante la pandemia sui balconi era diffuso l’arcobaleno della pace con la frase “andrà tutto bene!” con il punto esclamativo per darsi coraggio sul clima pesante e imprevedibile. Col trascorrere dei mesi il punto esclamativo si è trasformato in interrogativo: “andrà tutto bene?”. La domanda era cambiata perché la pandemia aveva spiazzato la vita, le abitudini, le certezze, il presente come il futuro.
L’ansia, il dolore, la paura hanno attraversato persone e famiglie finché il vaccino non ha prevalso sul virus. Cosa si muoveva dietro un evidente spiazzamento? I ragazzi che non andavano a scuola come vivevano questa spiazzante situazione? “Chi perdeva il lavoro – dice Paolo Danuvola – cosa metteva nel piatto di famiglia? Come attrezzarsi col wi-fi per lo smart-working e la DAD? Chi rispondeva alla solitudine aggravata dalla forzata lontananza e dalla difficoltà di incontrarsi?”
Il giovane regista Simone Pizzi – autore di Figli di Abramo (2017) e Come te stesso (2019) – nel nuovo documentario L’onda lunga racconta diverse storie di vita e di nuove solidarietà nate durante la pandemia. C’è la storia di “ Tzvetanka. Badante – continua Danuvola – che in tempi di pandemia si è dovuta confrontare con la paura del virus e la necessità di continuare nel suo lavoro di cura della persona. Maurizio, portiere di notte ritrovarsi da un giorno all’altro senza lavoro, che da beneficiario del Fondo S. Giuseppe è diventato volontario in un Centro di Ascolto Caritas. Gnima, madre di tre figli in età scolastica, e Benedetta, studentessa universitaria, alle prese con difficoltà diverse con l’isolamento derivanti dalla DAD. Riccardo, in cassa integrazione, ha deciso di rendersi utile dando una mano presso l’Emporio della solidarietà, e Teofilia, che sollecitata dalla solitudine delle persone anziane, ha garantito presenza e vicinanza”.
Con le parole del regista Bernardo Bertolucci il regista Simone Pizzi, durante le riprese, ha visto “nascere qualcosa di nuovo proprio davanti ai miei occhi”.
“Questo documentario – dice Simone Pizzi – è stato pensato all’inizio della pandemia, con l’errata convinzione di riuscire a raccontare al passato quello che il virus ha rappresentato per tutti noi. Invece l’estendersi della pandemia ci ha costretti a realizzare un film al presente. Forse un bene per la forza del racconto, non certo per il pianeta”
La pandemia ha spiazzato molte cose nella vita. Non crede che sia stata anche una inaspettata opportunità alla cinematografia?
“Certamente. E’ sempre stato affascinante tenere nella cinematografia il momento pandemico dove l’umanità intera si trova a combattere contro un unico nemico: il virus. Non abbiamo fatto un film di finzione con degli attori, ma lo abbiamo affrontato dal punto di vista del documentario che richiede strumenti e un linguaggio completamente diverso. Abbiamo evitato il tema sanitario perché, già in un altro lavoro, stava crescendo il disagio legato all’economia e alla socialità come nodi primari da sciogliere in questo momento per poter pensare di costruire un nuovo futuro. Non mi sento di dire di ritornare al passato, sia dalle voci dei protagonisti, come da questi primi appuntamenti, l’auspicio non è quello di ritornare a quello che eravamo prima, ma di crescere, di trasformarci”
Ha filmato solitudini, paure e timori, ma anche il desiderio per nuove forme di solidarietà sociale?
“Filmare in questi ultimi mesi e anni la solitudine, la paura purtroppo è stata la parte più semplice. Più complicato è stato trovare, individuare e incontrare le realtà che si erano attivate abbastanza in fretta per ripartire e costruire una nuova solidarietà. E’ vero che ci sono delle realtà che sono rimaste attive, in piedi, rispetto all’ondata pandemica che hanno avuto difficoltà nel ripensarsi a trovare forme interessanti di solidarietà, ma ci sono anche individui, piccoli gruppi di persone che si sono inventati modalità nuove per rispondere ai bisogni, non legati solo al mondo cattolico. Se è vero che dai cattolici lo si aspetta, ci sono strutture importanti che accompagnano anche le istituzioni comunali della città di Milano, dall’altra parte abbiamo scoperto che anche i singoli individui possono contribuire, non va lasciato tutto in mano loro come si dice nella conclusione del film, ma hanno un ruolo importante”
Data la situazione pandemica ancora in corso, l’onda lunga potrebbe diventare lunghissima?
“E’ vero! L’onda si sta, purtroppo, rivelando lunghissima. Diciamo che anche la scelta del titolo è stata quella di riprendere un termine che abbiamo imparato ad utilizzare in questi mesi. Se trasformiamo il significato dell’onda maledetta nell’onda positiva di solidarietà, che possa trascinarsi a lungo, queste nuove esperienze nate nella pandemia non si esauriscono il giorno che finisce la pandemia, ma possono diventare una struttura portante della nostra nuova società”
Silvio Mengotto
L’ho visto! Docufilm bellissimo e molto interessante! Complimenti al giovane regista!
Edo