Sin dai primi giorni di governo i talebani hanno implementato una rigidissima divisione tra i sessi nelle scuole mentre le restrizioni diventano, giorno dopo giorno, più rigide e marcate. In questa pesante situazione Arghosha Faraway Schools vuole continuare l’istruzione nei villaggi poveri dell’Afghanistan centrale. Ne parliamo con Maria Rosario Niada del Comitato Arghosha.
Nel 2005 a Milano viene fondata l’organizzazione Arghosha Faraway Schools per promuovere l’educazione femminile in Afghanistan. Filippo Grandi, Paolo Lazzati, Marco e Maria Rosario Niada sono i fondatori. Paolo e Maria Rosario sono i nipoti di Giuseppe Lazzati. In 17 anni il Comitato Arghosha ha finanziato la costruzione di 15 scuole (elementari, medie e liceo). Le scuole sorgono in zone remote e molto povere dell’Afghanistan centrale, nelle province di Bamiyan e Daikundi. «L’istruzione femminile – dice Maria Rosario – è fondamentale per il progresso di ogni civiltà. Le donne istruite sono una ricchezza sia per la famiglia, che per la società civile. Noi lo abbiamo sperimentato nel nostro piccolo progetto afghano. Una donna istruita in Afghanistan diviene un’educatrice migliore per i figli, che manda a scuola e segue nel cammino educativo; ha inoltre la possibilità di lavorare, migliorando la condizione economica della famiglia e divenendo parte fondante della comunità e della società cui appartiene. Noi riteniamo che l’istruzione femminile sia così importante per la costruzione di una società più giusta e avanzata, che abbiamo finanziato anche programmi di alfabetizzazione per donne adulte, per offrire loro la possibilità di intraprendere piccole attività economiche, come l’essicazione, la conservazione e la vendita della frutta secca (albicocche e uva), di cui l’Afghanistan è ricco, o anche la produzione e la vendita di formaggi. Se non si sa almeno leggere e far di conto, è difficile uscire da un’economia di pura sussistenza»
Perché avete deciso di rimanere e continuare l’esperienza delle scuole di Arghosha e con quali modalità e strumenti?
«Noi vogliamo restare in Afghanistan per continuare a sostenere l’istruzione femminile. Infatti, all’inizio di settembre, abbiamo inaugurato (a distanza, perché è impossibile andarci personalmente, come abbiamo sempre fatto) la 15esima scuola di Arghosha, a Lazir, in un villaggio sperduto nella provincia di Daikundi, alla presenza dei talebani. Al momento però le nostre attività sono sospese, siamo in attesa d’indicazioni più precise dal governo. Le nostre scuole sono aperte fino alle elementari. Attendiamo indicazione per la riapertura delle secondarie. Alcune università sono aperte, con lezioni separate per donne e uomini, ma molte delle nostre ragazze hanno paura di frequentare le lezioni. Il pensionato studentesco per le nostre borsiste all’università di Kabul è chiuso. E’ troppo pericoloso ospitare 12 ragazze insieme. Le nostre studentesse universitarie o sono tornate a casa o sono rimaste a Kabul ospiti di parenti. E’ tutto molto incerto. Vediamo cosa accadrà nelle prossime settimane»
Far conoscere la vostra lunga esperienza nelle scuole, nelle università, nel mondo, in Italia, non crede possa essere un passo importante per mantenere viva l’attenzione e la speranza?
«Si’, in questo momento il nostro obiettivo è proprio quello di far conoscere il nostro progetto educativo afghano, che ha dato la possibilità a 5.500 bambine e ragazze di accedere all’educazione, a 22 ragazze di frequentare l’università’ e ad alcune di trovare un buon lavoro. Credo sia importante ricordare che ci può essere un futuro diverso per le donne afghane. Alcune di loro, lentamente ma con forte determinazione, se lo stavano conquistando. Altre, coraggiosamente lo difendono nelle strade e nelle piazze»
Nel mondo si sono rifugiate tante donne afghane che hanno acquisito un capitale umano e imprenditoriale straordinario. Non crede che, nonostante la situazione pesantissima, loro sono il futuro, il potenziale ceto dirigente per un nuovo volto dell’Afghanistan?
«Senza dubbio ci sono donne straordinarie afghane nel mondo, e potrebbero tornare e svolgere un ruolo importante nella costruzione del loro paese, quando la situazione lo consentirà. Ma ci sono donne straordinarie anche oggi in Afghanistan, e noi con il nostro piccolo progetto educativo abbiamo contribuito a renderle parte del progresso del loro paese. La società afghana, specie nelle città, si stava visibilmente evolvendo e negli ultimi 10 anni le donne hanno cominciato a occupare posizioni importanti nei media, nelle istituzioni dello stato, nell’arte e nello sport»
Non crede che l’Occidente, tra gli errori commessi, oggi deve sapere “ascoltare”, non solo vedere la situazione delle donne afghane?
«La situazione delle donne afghane è la priorità per l’Occidente e noi opereremo perché l’attenzione venga tenuta su di loro»
28 Ottobre ’21
Silvio Mengotto
Foto tratte dal numero 5, maggio 2007 de “Il Segno nel Mondo”