Massimiliano Mariani in Azione cattolica è conosciuto da come “l’imperatore dell’Acs”. Ma se vogliamo usare la terminologia “ufficiale”, ha da poco concluso il mandato triennale come responsabile diocesano dell’Azione cattolica studenti. 24 anni, laureando alla Bocconi, Massimiliano vive a Lentate sul Seveso. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare l’esperienza di servizio che ha svolto nell’associazione.
Massi, come racconteresti il tuo mandato di responsabile diocesano?
«Tutti i responsabili di Ac si inseriscono in una storia molto più grande rispetto al “pezzetto” che vivono in prima persona. Chi sceglie di impegnarsi in un ruolo ufficiale sa – in un certo senso – che c’è un “prima” e un “dopo”. C’è il tempo in cui si dedicano le proprie energie a un progetto condiviso e c’è il tempo in cui è giusto lasciare andare senza personalizzare troppo il tutto, perché qualcun altro possa occuparsene con lo stesso entusiasmo. Per quanto mi riguarda, per il primo periodo sono stato “l’unico imperatore”, poi si è aggiunta Angela Bonato, che prosegue tutt’ora come responsabile diocesana, e che ringrazio per il supporto».
Parte di questi tre anni è stata segnata dalla pandemia. Quali sono stati gli effetti sulla tua esperienza?
«Ho cercato di “cogliere” l’arrivo del Covid come una sfida per l’Acs, nonostante tutto, piuttosto che come una disgrazia. Non posso negare che sia stato strano rispetto a un normale andamento, ma fondamentale è stato il cercare altre modalità funzionanti e utili che non lasciassero da soli i ragazzi durante il loro percorso di crescita, e lo stesso per noi responsabili. Alcuni eventi come No panic sono stati dirottati sull’online, oppure abbiamo modificato il luogo del campo di volontariato estivo. Quindi abbiamo cercato di metterci ugualmente a servizio con le possibilità del momento».
In Ac il motto è che senza gli altri, non si va da nessuna parte. Com’è stato nel tuo caso?
«Sono assolutamente d’accordo. Non conta tanto quello che ho fatto individualmente in questi tre anni, ma le relazioni costruite, il percorso compiuto insieme agli altri. Innanzitutto, senza la segreteria (quel gruppo di giovani che si occupa di organizzare e promuovere le diverse iniziative dell’Acs durante l’anno) non sarebbe stato lo stesso. E lo stesso vale per la vicepresidenza (il gruppo dei responsabili diocesani delle diverse articolazioni del settore Giovani, ndr), con cui ho avuto modo di confrontarmi moltissimo, ed è stato un rapporto altrettanto positivo. Nonostante il periodo critico dovuto alla pandemia, le amicizie e le conoscenze su cui contare sono state determinanti e hanno senz’altro arricchito quest’esperienza. Senza gli assistenti, inoltre, sarebbe mancata una parte determinante del nostro cammino, per la cura ricevuta a livello spirituale e umano».
Dunque, qual è il bilancio finale?
«Questo mandato è stata un’occasione unica durante i miei anni dell’università, che è un tempo ancora vicino al mondo della scuola, e mi ha permesso di dare la giusta attenzione a tutte le dinamiche presenti. È stata la corsa di un treno che non potevo perdere, e lo rifarei. Perché la rete di relazioni intrecciata è sempre più ampia e costruttiva rispetto a quanto si vede dall’esterno, e ognuno ha la possibilità di mettere in gioco le proprie potenzialità. In conclusione, non conta quanto le mie aspettative siano state attese o disattese rispetto all’inizio, piuttosto il fatto che ogni obiettivo è diventato una prospettiva condivisa, un gioco di equilibrio che riguarda tutte le persone incontrate su questa ruota».
Se dovessi esprimere le tue parole chiave dell’esperienza, quali sceglieresti?
«Magari parole già dette, ma sceglierei servizio, vocazione, scuola. Questi anni sono stati, e in parte lo saranno ancora, un mettersi a servizio dell’associazione, degli studenti, degli altri responsabili, degli insegnati degli istituti in cui si iniziava un percorso. Sono stati anni di chiamata ad un progetto, di cura. Anni in cui la scuola è posta al centro. L’augurio per i ragazzi dell’Acs è che possano vivere il mondo della scuola respirando della bellezza, anche in un’ottica cristiana e vocazionale, partecipativa e attiva. E non casualmente, uno dei princìpi portati del Manifesto Acs è cultura – un invito per continuare ad appassionarsi e imparare».
Francesca Bertuglia