Sabato 18 maggio è stato ricordato il 38° anniversario della morte del prof. Giuseppe Lazzati. Azione Cattolica Ambrosiana, Città dell’Uomo, Fondazione Lazzati e Istituto secolare Cristo Re hanno organizzato una mezza giornata di preghiera e riflessione. Durante la messa, mons. Carlo Azzimonti, moderator curiae e vicario episcopale per gli affari generali della diocesi, ha pronunciato l’omelia, nella quale ha fra l’altro affermato: “Giuseppe Lazzati ha incarnato la figura del christifidelis, ove vocazione e missione del fedele laico maturano nel contesto di una Chiesa ministeriale, popolo di Dio, chiamato alla comunione per la missione e all’animazione delle realtà temporali. Il laico che vive nel mondo, che si santifica proprio grazie al suo essere inserito nelle realtà temporali. Il laico che assume dal battesimo la sua vocazione ad essere sale e lievito, attraverso una crescente consapevolezza che deriva dal saper rischiare in proprio, in autonomia di coscienza e con capacità di mediazione, mantenendo una duplice fedeltà: a Dio e all’uomo”.
La bussola del Vangelo
Facendo riferimento alle letture della messa e ai testi conciliari, Azzimonti ha specificato: “In Lazzati Il Vangelo diventa cifra interpretativa della realtà e bussola per orientare il cammino della persona, personale ed ecclesiale, verso la realizzazione della giustizia, della solidarietà, della pace. In questo orizzonte, il cristiano è chiamato a dare un senso unitario alla propria esistenza e al proprio impegno di servizio alla crescita della convivenza umana. Coerentemente con questa visione, Lazzati ha operato sempre per rigenerare la fede dei credenti: non una fede rifugio rassicurante per superare le nostre paure, ma una fede lieta e coraggiosa in grado di dare un supplemento d’anima per affrontare, con consapevole speranza, una società complessa, frammentata, spesso priva di valori e di mappe di orientamento. Una fede capace di fecondare la vita, di sostenerla e di darle un significato unitario”.
“La passione per la verità e il servizio nella carità sono la divisa del cristiano e a questa divisa ho cercato di ispirarmi nella piccola vicenda della mia povera vita”: così si esprimeva Lazzati in occasione dei festeggiamenti per i suoi settant’anni. “Questa passione per la verità di Cristo significava scegliere il primato della contemplazione, dell’interiorità, della preghiera, come motori dell’impegno concreto d’amore verso la città degli uomini”.
[…] “Non possiamo poi dimenticare un’altra dimensione fondamentale dell’esperienza di vita di Lazzati, quella che potremmo definire una vera e propria ‘diaconia della cultura’, intesa come coltivazione dell’uomo, come capacità di confrontarsi con le sfide poste dalla ricerca scientifica e dai vasti campi del sapere, che richiedono una continua rielaborazione, anche in termini nuovi e con linguaggi adeguati. La fede deve essere in grado di farsi interpellare dalle domande poste da una società profondamente mutata e che chiede in termini razionali di dar ragione della speranza”.
L’impegno politico come “esigente forma di carità”
Infine, “quanto mai attuale ci appare il messaggio di Lazzati circa la comprensione dell’impegno politico come ‘esigente forma di carità’, secondo la definizione dell’Octogesima Adveniens”. Il moderator curiae ha detto: “Di fronte ad una politica che ha smarrito il riferimento alla legalità, al bene comune, che diventa sempre più uno strumento al servizio di pochi, in cui viene proposto un modello di società che rende i poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi, Lazzati ci ricorda che l’impegno politico si nutre di disinteresse, di servizio gratuito per il bene complessivo della società e per lo sviluppo delle fasce più deboli, alle quali devono essere assicurati tutti quei beni che sono diritto della persona: il diritto ad una vita degna, il diritto all’istruzione e alla formazione, il diritto al lavoro, l’uguaglianza delle opportunità, il diritto alle cure mediche e alla previdenza sociale, il diritto ad essere considerate persone e non sudditi”.
“Con tutto ciò, come è stato autorevolmente affermato, la missione fondamentale di Lazzati non fu politica. Egli si è sempre ritenuto piuttosto un educatore di giovani, un maestro di vocazioni, uno studioso e insegnante”. Anzi Lazzati stesso si definì un “politico suo malgrado”. “Vogliamo quindi farne memoria grata e guardare a Lazzati come a un testimone che con grande rigore ha cercato e ha saputo trovare, in tempi difficili quanto i nostri, la strada da percorrere come uomo, come credente, come educatore e maestro, indicando il cammino per essere cristiani laici, capaci di amare Dio e il mondo, cercando la città di Dio e costruendo, con pazienza, passione e perseveranza quella dell’uomo”.