“Provate ancora”. Oggi lo tradurremmo così l’invito che Gesù fece ai propri discepoli di gettare ancora le reti in mare dopo una notte di delusione in cui non avevano preso nulla. “Provate ancora” non è il titolo ufficiale della conferenza tenuta da Mons. Roberto Repole, Arcivescovo di Torino e introdotta da don Cristiano Passoni, assistente generale dell’Azione Cattolica Ambrosiana, tenutasi presso il Centro Pastorale di Seveso lo scorso 22 Marzo, ma questo invito “Provate ancora” risuona ancora molto forte in me.
La conferenza, introdotta da Gianni Borsa, presidente Azione cattolica ambrosiana, ha toccato il tema del ministero sacerdotale dentro a questa nostra Chiesa in profondo mutamento. L’analisi fatta da Mons. Repole è partita da un presupposto fondamentale: il prete è essenziale per la Chiesa. Il prete è di fronte alla Comunità cristiana, ma allo stesso tempo è anche dentro. Dentro ad una comunità cristiana che vive in una società civile che è mutata molto velocemente e che, oggi, assume tratti molto diversi rispetto al passato.
Tutti noi siamo stati formati e ci pensiamo ancora preti del “vecchio regime” capaci di prenderci cura di comunità cristiane, ovvero di persone che sono ed erano cristiane. La sfida di oggi sembra essere diversa: essere pastori di comunità che sembrano non saper più annunciare il Vangelo come prima.
Interessante quello che personalmente mi è arrivata come una buona provocazione: “Nelle nostre parrocchie abbiamo percorsi per tutti, ma se uno volesse diventare cristiano, abbiamo percorsi da offrire?”.
Immersi dentro a questo veloce processo di secolarizzazione, è noto a tutti che il ruolo del prete non è più quello di prima. Portando ancora sulle spalle il retaggio di un’eredità del passato, a noi spetta il compito di attraversare il fiume. Come sta avvenendo il guado? Questa è la domanda che mi pongo.
Non ci è stata offerta solo un’analisi che qui vi ho riportato in modo molto sintetico, ma anche delle possibili piste di riflessione che mi appaiono convincenti e che qui accenno solamente.
La presa in carico della propria fede e di quella del proprio fratello. Abituati a fare un “sacco di cose” vi è il rischio di dimenticare l’essenziale: la nostra fede che va curata e custodita. Anche noi sacerdoti dobbiamo ammettere che abbiamo bisogno di comunità cristiane in cui sentirci ristorati nella vita, abbiamo la necessità di comunità cristiane che si prendano cura della nostra fede. Non diamo sempre per scontato che noi preti siamo credenti. Abbiamo bisogno di questa fede e necessitiamo di questa cura. La seconda pista riguarda una riflessione seria sulla chiarificazione dei nostri limiti, la terza riflette sul diaconato e, infine, l’ultima tocca il tema dei Tria “munera” che il sacerdote esercita nel suo ministero: insegnare, santificare e governare.
“Provate ancora” disse Gesù ai suoi discepoli in quella notte. Loro si fidarono e provarono ancora e la pesca fu abbondante.
Don Luca Ferrarese