Vista dalla porta di casa, l’ennesima chiusura delle scuole è un vero disastro. A tutti i livelli. Provo a elencarli ma non sarà un ordine gerarchico, nello sconforto e nel caos di pensieri e di affanni raccolti anche nel tam tam di messaggi e telefonate dei giorni scorsi tra tante mamme: “Ma tu come farai adesso?”, la domanda più ricorrente.
È una sofferenza vedere i figli sedersi di nuovo davanti al pc: i più grandi hanno già passato lì davanti 40 settimane, tra chiusure, quarantene, presenza al 50%; i piccoli un po’ meno. Ma le ricadute sono pesanti: lo vedo sui miei figli, lo sento nei racconti, iniziano a parlarne anche giornali e ricerche: quando va bene, si registrano “solo” ripiegamenti, pigrizia, perdita della voglia di socialità… si registra però anche un aumento di ricoveri pediatrici non-covid bensì per disturbi psicologici; dipendenze da schermo; stili di vita e ritmi alterati; aumento della violenza domestica; ogni età poi ha il suo problema diverso. Tutto questo, mi dico, a fronte di una scuola che è sicura perché applica al millimetro i protocolli anti Covid. Che sia sicura lo dicono i dati dell’Iss o i monitoraggi degli uffici scolastici regionali. I rischi non sono in classe. E se i rischi sono fuori dalla scuola, la risposta non è chiudere la scuola, ma ridurre i rischi con misure adeguate.
Poi si potrebbe aprire il capitolo Dad, la famosa didattica a distanza: tema enorme e controverso.
Una cosa è certa: è un canale attraverso cui passa meno conoscenza di quella che passa in modalità in presenza, e offre meno relazione. Quindi pensiamo a quanti “meno” i nostri ragazzi e bambini dovranno recuperare o scontare.
In ogni caso, per seguire i figli a casa bisogna avere strumenti, spazi e competenze: quelli di cui dispongono la scuola e gli insegnanti, ma che non sono necessariamente a disposizione in tutte le famiglie. Mettere a disposizione pc e tablet, per quanto prezioso aiuto, non è sufficiente a garantire la possibilità di un collegamento e di una Dad efficaci (a prescindere dalla buona volontà degli insegnanti): il collegamento deve reggere per tutti e ci deve essere lo spazio fisico (chi ha due o tre figli, chi è anche in smart working ha chiara l’immagine!), ci deve essere la prontezza nel risolvere problemi tecnici e non che si creano nel corso della mattina: la scuola che era spazio di uguaglianza è diventata spazio di discriminazioni e tanti, troppi, stanno rimanendo indietro, si sono persi.
Per seguire i figli a casa, bisogna esserci:
i figli sono accuditi solo là dove c’è una mamma casalinga (o genitori disoccupati, quindi in un clima famigliare già pesante che grava sulle spalle di chi è in casa). Altri scenari possibili sono: genitori in smart working, che però non possono lavorare e accudire allo stesso tempo; la babysitter (ammesso che la si sia trovata) che sia estremamente competente sul piano scolastico e digitale; oppure i nonni, ma sono proprio la categoria fragile che si vorrebbe proteggere (e invece sono quelli che nella scorsa ondata hanno preso il 70% dei buoni babysitter). Qualcosa non torna.
Capita però anche molto spesso (non so dire numeri, ma ho in mente il volto affannato di tante mamme) che i figli rimangano in casa da soli per molte, troppe ore durante la giornata. I genitori lavorano entrambe, i nonni vengono tutelati, la babysitter non arriva… Tutti colpevoli di abbandono di minore? E se capita qualcosa?
La situazione delle famiglie con figli che hanno disabilità fisica o mentale chi la considera? In un tempo in cui le ore di sostegno garantite sono limitatissime, chi si prende cura di loro? E gli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, in una scuola vuota, quali possibilità hanno di “realizzare l’effettiva inclusione scolastica”?
Per non parlare delle ricadute nello specifico sulle donne di tutto ciò, sia sul piano dell’esaurimento fisico, sia rispetto all’abbandono del lavoro, in presenza di bambini piccoli. Consideriamo anche che le donne sono in prima fila negli ospedali e nelle scuole: madri che lavorano in quel settore come possono sopravvivere in questo periodo?
Certo il Covid c’è e circola e uccide, per carità. Però è ingiusto e fa rabbia che la scuola venga usata come capro espiatorio quando aumentano i contagi. I danni della chiusura delle scuole iniziano ad apparire nella loro (enorme) grandezza reale. Per fortuna in tutta Italia si sta creando un grande movimento di famiglie, “Scuola in presenza”, che chiede a chi decide di considerare questi elementi e di tutelare la scuola in presenza sempre, anche in zona rossa; perché è servizio essenziale al pari di ospedali, banche, farmacie, alimentari; è luogo sicuro, più che la casa; è spazio che previene l’emergere dei disagi di tipo psicologico, comportamentale, emotivo ed educativo che stanno dilagando in questi mesi; è pilastro di inclusione e parità; è strumento di tutela anche sul piano economico e sociale per le famiglie (e le donne in particolare).
Nel frattempo, la giornata è iniziata. Divisione di spazi e strumenti avvenuta. Io ho anche il mio angolo e un pc per lavorare. Siamo nella fetta fortunata del mondo, ma anche dell’Italia, forse anche della città. Mi domando che cosa avvenga nel chiuso di tante case. Attorno tanto silenzio.
Sarah Numico
mamma di tre ragazzi e attivista di “Scuola in presenza”