Durante gli anni del liceo, quando ero io stessa ACSsina, ho sempre guardato con curiosità al Viaggio ai Confini, evitandolo però con timore reverenziale. Diventata poi imperatrice dell’Azione Cattolica Studenti (ormai quasi tre anni fa), sono passata ad occuparmi dei lavori di preparazione e solo l’11 giugno di quest’anno ho -quasi- partecipato per la prima volta. Dico “quasi” perché in realtà sono partita in qualità di cuoca, perciò ho principalmente viaggiato sulla macchina di supporto vivendo solo in parte l’iniziativa. Tanto è bastato, però, per toccare finalmente con mano il cosiddetto spirito del Viaggio che, pur conoscendo molto bene l’evento sulla carta, non mi aspettavo avrebbe avuto un tale impatto su di me.
Lo spirito del Viaggio
Con spirito del Viaggio – diventato quasi un mantra per i responsabili – intendiamo la precisa cifra stilistica della vacanza, che riprende molto bene l’impianto valoriale che l’Azione Cattolica Studenti prova ad avere in ogni suo evento, e che in Segreteria (l’equipe diocesana che si si prende cura e tiene in vita l’ACS durante tutto l’anno) trattiamo un po’ come una carta costituzionale tramandata da anni per mantenere intatto il porto sicuro che l’ACS è per noi e -speriamo- per i ragazzi che incontriamo. Il discorso del “se non partecipi non puoi capire” rischia sempre di cadere nella supponenza secondo me, ma mi sono accorta, osservando con occhio esterno ma molto ravvicinato la rumorosa compagine che ha girato il Trentino-Alto Adige per una settimana, che il Viaggio ai Confini non è solo una vacanza ma un piccolo universo parallelo (un po’ come l’ACS tutta in realtà) con le sue tradizioni e la sua peculiare cultura che è complicato riportare in altri ambienti. Sicuramente il mio punto di vista non è imparziale, però credo davvero che un assaggio del sopracitato spirito faccia bene a tutti, quindi proverò a darvelo.
Cos’è il Viaggio ai Confini?
Il Viaggio ai Confini potrebbe essere descritto come una settimana itinerante in cui, ognuno col proprio bagaglio (fisico, emotivo, culturale) sulle spalle, ci si sposta ogni giorno in un posto diverso con la volontà di (ri)scoprire una certa regione della nostra Penisola o ad essa limitrofa. Quest’anno i km percorsi (senza considerare i viaggi da e per Milano) sono stati più di 300, di cui a piedi circa 120 e quasi 70 in bicicletta. Il resto è stato coperto da treni, bus di linea (a volte addirittura con i finestrini intatti) e un paio di battelli. Il tragitto è partito da Malles in Val Venosta e si è concluso dopo sette giorni a Peschiera del Garda, passando -fra le altre- da Bolzano, Trento e Riva del Garda.
Essenzialità
Si vive all’insegna dell’essenzialità: i partecipanti non usano orologi o telefoni, i pasti non sono né abbondanti né sofisticati (il fatto che io fossi una dei due cuochi ne è la prova), si dorme con materassini sottilissimi e sacchi a pelo in stanze mai troppo pulite, la doccia tiepida è un lusso, i pochi vestiti a disposizione vanno lavati di giorno in giorno e le mollette per appenderli acquistano un raro valore. Si viaggia circondati dal bello e ci si mette nella condizione giusta per riconoscerlo e contemplarlo, senza la necessità di rincorrere la fotografia perfetta. Quella dell’essenzialità non è una scelta dettata semplicemente dalla convenienza economica, fattore a cui comunque prestiamo attenzione, ma ha il preciso scopo educativo di far risaltare il nocciolo delle cose e uscire dalle logiche di iper-consumo in cui siamo normalmente immersi. Sotto questo aspetto potremmo dire che uno degli obbiettivi del Viaggio è aiutarci a mettere in discussione il nostro abituale stile di vita, spesso frenetico e intriso di superfluo, dandoci la consapevolezza di poterlo cambiare.
Una delle migliori conseguenze di questa attenzione alla semplicità è il fatto che il sentirsi parte di un gruppo e la cura dell’altro ritornano al centro. Il senso di comunità che si crea quando ci si divide il peso degli zaini altrui per poter camminare tutti allo stesso passo, il calore di una doccia gelata resa possibile dal fatto che qualcuno è lì a reggere la canna dell’acqua nel cortile di un oratorio dopo una giornata passata a camminare sotto il sole, la sincera gratitudine dimostrata da una manica di adolescenti quando porgi loro del cibo di sottomarca dopo ore di spostamenti scomodi, o le vette di maturità raggiunte dai discorsi notturni di un circolino di studentesse radunate attorno ad una torcia, sono solo alcuni brandelli della settimana che mi si sono scolpiti nella mente e che credo difficilmente dimenticherò.
L’importanza delle radici
Il tema delle riflessioni che hanno guidato i ragazzi durante la settimana era quello delle Radici, quelle che abbiamo da quando nasciamo e quelle che invece siamo noi a decidere dove piantare. L’ultimo giorno una ragazza ha fatto un’osservazione che trovo molto puntuale: è bello vedere le persone come alberi, ma la verità è che siamo alberi fra alberi, siamo foresta, e in una foresta le radici di tutti si intrecciano e si infittiscono fino a diventare impossibili da districare. Ecco, questo intreccio è esattamente ciò che resta del Viaggio. Ogni evento dell’AC a cui ho partecipato negli anni ha avuto il potere di ingarbugliare vite e rafforzare legami. Ormai dovrei essere abituata a questi meccanismi, eppure questo gruppo mi si è radicato addosso in modo particolarmente sorprendente. Ora non ci resta che prenderci cura di questa foresta di ACSsini e farla fiorire per l’AC tutta.
Angela