Ha compiuto 100 anni lo scorso 9 maggio il socio di Ac Settimo Buratti, di Cinisello Balsamo. A un mese dallo straordinario traguardo, sono andati a trovarlo Renata Galbusera, Presidente del gruppo interparrocchiale AC del Decanato di Cinisello Balsamo, suo marito, Renzo Torresan e Massimo Buffa i quali hanno portato al signor Settimo gli auguri di tutta l’Azione cattolica ambrosiana e del presidente diocesano Gianni Borsa.
Il signor Settimo, che continua ad essere fedele socio, ha molto gradito la visita e gli amici di Ac. «Per me si è trattato di andare a trovare un grande amico di famiglia ed è stato davvero un piacere avergli potuto portare il saluto e gli auguri dell’associazione», dice Massimo Buffa. «La sua vita è stata veramente piena e intensa. Lui ha rappresentato per me una figura di riferimento e di testimone nella fede».
Gli amici dell’Ac di Cinisello Balsamo nell’occasione la testimonianza di Settimo Burati. Ecco il suo racconto.
«Avevo 6 anni quando è morto mio padre; il mio vecchio parroco mi ha quasi adottato, tanto che è perfino venuto a trovarmi quando ero a Loano a fare il militare. Allora non c’era ancora l’Ac nella mia parrocchia, però c’era un bel gruppo di giovani impegnati, specialmente per la cantoria. L’Ac nella mia parrocchia l’hanno costituita mentre io ero internato in Germania: mi hanno scritto che al mio paese era cambiato il parroco e che quello nuovo, appena arrivato, l’aveva fondata; così, quando finalmente sono tornato, mi sono subito iscritto all’associazione.
Quanto lavoro abbiamo fatto, anche impegnandoci nella politica. Come quando nell’aprile del 1948, nel periodo delle prime elezioni della storia repubblicana, con il rischio dell’affermazione del Fronte Popolare, noi mettevamo manifesti dappertutto; non c’erano spazi prestabiliti per affiggerli, ce li strappavano e noi ne rimettevano il doppio, con mia mamma che poi si lamentava perché in casa mancava sempre la farina perché la usavo per preparare la colla per affiggere i manifesti.
E pensare che il vescovo di allora, monsignor Benedetti, venuto in visita pastorale a Lodi, si era persino lamentato con il nostro parroco (era preoccupatissimo per l’esito delle elezioni), perché gli avevano detto che quando c’erano le riunioni in parrocchia noi non c’eravamo mai: per forza, eravamo convocati a Melegnano (la sede da cui dipendeva la nostra associazione) e non potevamo essere presenti contemporaneamente anche a Lodi. In quel periodo io ero presidente dei quattro gruppi dell’Azione cattolica maschile, e questa lamentela del vescovo non mi andava proprio giù, con tutto il lavoro che stavamo facendo!
Così quando sono andato in udienza da lui gliel’ho proprio detto, facendogli notare che, se nella nostra zona il Fronte Popolare non aveva sfondato, lo si doveva proprio anche a noi dell’Azione cattolica. In quell’occasione monsignor Benedetti, dopo aver riconosciuto di aver espresso un giudizio affrettato e sbagliato sull’Ac, mi ha persino dato la sua benedizione.
Io facevo parte anche del gruppo Cenacolo: eravamo una trentina della Diocesi di Lodi e ci ritrovavamo alla casa degli esercizi spirituali di Borghetto Lodigiano. Quanto entusiasmo!
E pensare che nel 1969 è stato adottato il nuovo statuto dell’Azione cattolica con la cosiddetta “scelta religiosa” e la rinuncia all’impegno diretto in politica dell’associazione. Devo dire onestamente che questa scelta non mi ha convinto subito, comunque mi sono adeguato, ho pensato che se chi guidava l’associazione l’aveva proposta e l’argomento era stato discusso e approvato, evidentemente era la scelta giusta.
L’esperienza della guerra e della prigionia è stato un altro capitolo importante della mia vita. Io sono l’ultimo di 7 figli (mi chiamo Settimo proprio per questo); allora c’era una forte mortalità infantile, siamo sopravvissuti in 4: due maschi e due femmine. Mio fratello è morto in Russia, vittima di un attacco dei partigiani russi; dopo la guerra ho ripensato ancora alla sua morte e penso che tutto sommato lui sia stato quasi fortunato a morire così, sapendo quali sono state le sofferenze sopportate dagli alpini in Russia, morti di fame e di freddo.
Quando è morto mio fratello, essendo mia madre vedova, sono stato mandato in congedo, ma ci sono rimasto ben poco, da Natale a Pasqua, perché sono stato subito richiamato e spedito in Jugoslavia; lì, dopo l’8 settembre del 1943, sono stato fatto prigioniero dai tedeschi e internato in campo di concentramento (Thorn in Polonia e poi Breslavia). La fede mi è stata d’aiuto, ma ad un certo punto ho anche gridato “Signore adesso basta!”, perché eravamo trattati come bestie, c’erano solo sporco e fame… alla sera dopo una giornata di lavori forzati arrivava un pentolone di acqua calda colorata (the?), e pensare che a pranzo avevamo mangiato semplicemente un mestolo di pasta! Questo era il nostro cibo. Una volta, a causa dello sporco e dei parassiti, mi era venuta una forte infiammazione alle braccia, non riuscivo a stare in piedi, ma mi hanno obbligato a lavorare lo stesso. I miei compagni, vedendomi in quelle condizioni, hanno protestato e si sono rifiutati di lavorare, così finalmente mi hanno mandato in infermeria. Cosa non ho visto lì! C’era ricoverata gente con il tifo petecchiale, tutti insieme, senza nessuna protezione. Una sera un ricoverato ha iniziato a gridare per i dolori, è andato avanti per ore a gridare, poi verso l’una o le due di notte ha smesso improvvisamente; mi sono avvicinato: era morto. Avevo con me un piccolo crocifisso, gliel’ho messo sul petto e ho recitato una preghiera. Era morto, ma il crocifisso si muoveva, era per i tanti pidocchi che stavano devastando quel povero corpo.
Nel 1945 finalmente la liberazione. Certo, la fede mi ha sostenuto, ma è stata davvero dura. Tornato a casa, mi sono detto che la Divina Provvidenza mi aveva dato la forza di sostenere questa prova, ma che esperienza!
Poi la vita è ripresa: la ricostruzione, il lavoro, mi sono sposato e sono venuti i figli. Da Melegnano venivo in bicicletta a Sesto, alla Bicocca, per lavorare alla Pirelli. In un certo periodo avevano vietato di esporre segni esteriori di appartenenza a gruppi, associazioni e partiti, ma io non ho mai rinunciato a indossare il distintivo dell’Azione cattolica. Lo mettevo in bella mostra sulla mia tuta da operaio.
Quando siamo venuti a Cinisello ed è stata fondata la nostra Parrocchia (S. Pio X, nel 1958) si è costituito subito il gruppo di Ac. Eravamo in tanti, abbiamo lavorato senza sosta per mettere insieme la nostra comunità e abbiamo sostenuto il parroco che, senza di noi, forse non ce l’avrebbe fatta. Ricordo ancora tante belle figure della nostra associazione, uomini e donne a cui la parrocchia deve riconoscenza. Si può davvero dire che l’Azione cattolica è stata determinante, nella collaborazione e nella testimonianza.
Oggi proporre a un giovane di aderire all’Ac è sicuramente meno facile di allora. Leggo in questi giorni che in Germania molti cattolici chiedono di essere cancellati dalle liste degli aderenti alla Chiesa cattolica (il sistema fiscale tedesco prevede che i contribuenti dichiarino a quale Chiesa appartengono. Sulla base della dichiarazione viene distribuita una parte delle tasse. A differenza dell’8 per mille italiano, chi non è scritto a nessuna Chiesa non paga quella quota di tasse, ndr), dove andremo a finire? Anche le nostre chiese si stanno svuotando. Credo che più che parlare dell’Ac ai giovani dovremmo testimoniare la bellezza del Vangelo e del vivere cristianamente, e questo richiede davvero impegno, un impegno che vedo ancora nell’Ac: anche per questo sono contento di far parte di questa associazione.
Ricordo con piacere e sono fiero del riconoscimento che ho ricevuto nel 2014 (la pergamena dell’Ac diocesana) e sono grato al Presidente diocesano che, a nome di tutta l’associazione, mi ha voluto trasmettere tramite voi gli auguri per il compleanno.
Che dire… pezzi di vita vissuti con con tanta tenacia, veramente una storia che fa rabbrividire leggere tra le pieghe della vita…..penso ai miei genitori che hanno fatto la stessa esperienza. Uomini di grandi valori e sempre pronti ad ogni sacrificio …liberi nel ❤
Grandi persone..averne oggi!
Con affetto Liliana
Che dire… pezzi di vita vissuti con tanta tenacia, veramente una storia che fa rabbrividire leggere tra le pieghe della vita…..penso ai miei genitori che hanno fatto la stessa esperienza. Uomini di grandi valori e sempre pronti ad ogni sacrificio …liberi nel ❤
Grandi persone..averne oggi!
Con affetto Liliana
Tantissimi auguri e grazie mille per la tua testimonianza di fedeltà all Azione Cattolica, caro Settimo !!