Se devo dire che cosa sia per me la responsabilità, prima ancora che dalla coerenza, dal dovere, dall’onore o dal peso partirei dalla parola stessa: respons-abilità è l’abilità a rispondere, la capacità di dare risposte.
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La prima cosa che ci viene chiesta allora è di avere una RISPOSTA.
Innanzitutto siamo tutti in grado di rispondere sulle cose che più ci stanno vicine.
Tutti sappiamo dire senza problemi la capitale della Francia, (quasi) tutti anche quella della Danimarca. Pochi sanno la capitale dello Zambia o del Kazakistan senza doverla andare a cercare.
Già, siamo molto più pronti a rispondere sulle cose che sentiamo più vicine, che sono per noi più quotidiane.
Come responsabili di AC, allora, su che cosa siamo pronti a rispondere? Siamo abbastanza vicini alla storia, ai luoghi, alla vita, alle gioie e ai dolori del nostro territorio? Ci sono familiari?
E l’AC quanto la sentiamo davvero vicina e familiare? Siamo aggiornati e pronti a rispondere su tutte le iniziative, proposte, idee, persone della nostra associazione? Quanto seguiamo il sito, i social, le mail che ci arrivano per camminare insieme come associazione? Quante volte invece lasciamo la nostra AC… in Kazakistan e non sappiamo rispondere un granché?
In secondo luogo siamo in grado di rispondere sulle cose che più ci stanno a cuore, anche se non sono vicine.
Da quando mia figlia è stata in Bolivia so benissimo dove si trova, anche se è lontana, mentre prima sapevo solo genericamente che era in Sud America. So dire senza indugio l’indirizzo della casa al mare dove passo le estati da quando sono piccolo, mentre non conosco assolutamente quello del luogo dove va in vacanza la persona che oggi ho incontrato dal cartolaio, perché non ho alcun legame con lei.
Quanto mi stanno davvero a cuore il mio gruppo di AC, la mia comunità, gli altri responsabili del mio territorio, le iniziative associative diocesane e locali? Quanto sono capace di rispondere di loro e a loro o quanto invece tiro avanti senza grande interesse né passione?
Ho provato a chiedermi quali forme di risposta esistano, e sono tante.
- Rispondiamo quando qualcuno ci chiama al telefono. Ecco, un responsabile è una persona che si fa trovare, che non lascia squillare la chiamata senza rispondere, che ha la suoneria attiva perché sa che qualcuno potrebbe chiamarlo in qualsiasi momento.
- Giocando a tennis, la risposta è il colpo che segue la battuta: chi risponde consente al gioco di continuare (che partita sarebbe se ci fossero solo le battute e nessuna risposta?), partecipa, si diverte e fa divertire. Un responsabile allora è una persona che non lascia cadere le proposte e le iniziative, che mantiene in gioco le persone, che è coinvolto e felice di esserlo. Ed è una persona che continua a partecipare attivamente anche quando le scelte sono fatte da altri (non sono io che decido dove e come batterà il mio avversario) e lei non può che adattarsi e dare la sua impronta con la migliore risposta possibile.
- Rispondiamo all’appello a scuola e rispondiamo con il nostro vero nome (che non sempre è lo stesso con cui preferiamo farci chiamare dagli amici). Un responsabile è una persona che sa chi è e che si presenta per quello che è prima ancora che per il ruolo che riveste, con le sue ricchezze ma anche con le sue fragilità.
- Ancora, quando riceviamo un invito a un matrimonio o una convocazione a un incontro ci è chiesto di dare una risposta (“RSVP: Répondez, s’il vous plaît”). Un responsabile è una persona che non necessariamente dice di sì a tutto, ma che se non può partecipare risponde comunque dicendo di no. Quante volte invece non partecipiamo a una riunione o un’iniziativa a cui siamo stati caldamente invitati senza nemmeno dire che non avremmo potuto esserci…
- Una risposta particolare, urgente, ce la chiede un ultimatum: di fronte ad esso non possiamo scappare, dobbiamo dire di sì o di no per forza ed entro un tempo ben stabilito, altrimenti anche la mancata risposta non sarebbe una scelta neutra ma avrebbe conseguenze gravissime. Un responsabile… risponde, non scappa, non lascia cadere quello che gli viene richiesto, non evade il suo compito, non si nasconde nel suo ruolo, perché ogni volta che si tira indietro, che se ne accorga o meno, crea gravi conseguenze.
- Anche una proposta d’amore richiede una risposta. Un responsabile è una persona matura che sa decidere fino in fondo della propria vita e che sa che la sua scelta è importante e potrà cambiare la vita anche della persona che gli ha fatto la proposta, a titolo personale o a nome dell’associazione.
Insomma, quando diciamo che la responsabilità in AC è una vocazione… lo stiamo dicendo per davvero, letteralmente!
Sarebbe bello che tutti coloro che hanno accettato la responsabilità in AC, perché eletti o perché nominati, abbiano il forte desiderio di diventare ogni giorno di più persone che sanno che cosa rispondere (o almeno che si facciano carico di cercare le risposte), persone alle quali chiunque possa fare senza disagio delle domande (se devo chiedere un’informazione per strada è più facile che mi rivolga a un vigile che a un passante con l’aria spaesata… se devo chiedere un approfondimento a scuola è più facile che lo chieda al professore competente e affascinante che a quello svogliato e distratto…) e persone che sanno prendersi a cuore le persone e le situazioni, che non spariscono quando la nave affonda.
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D’accordo, ma trovare la risposta spesso non è sufficiente.
Respons-abilità è anche CAPACITÀ di rispondere. Non basta sapere cosa, è necessario anche sapere come rispondere.
È la sfida della libertà: “Posso fare” non vuol dire semplicemente che nessuno mi impedisce di farlo, ma soprattutto che ne sono capace (in inglese il verbo can mi pare che traduca bene il nostro posso: “I can play tennis” non vuol dire solo che mi lasciano giocare a tennis, ma soprattutto che ne sono capace…).
Non mi serve conoscere la strada giusta per salire sull’Himalaya se non ho i mezzi e non sono allenato. Non mi serve avere lo spartito di un preludio di Chopin se non so suonare il pianoforte.
Un responsabile di AC è chiamato a diventare ogni giorno più capace, per poter rispondere davvero nelle situazioni che gli si presenteranno. Non basta saper fare solo qualche cosa. Magari sappiamo gestire bene un’iniziativa diocesana ma poi siamo del tutto incapaci di coinvolgere il territorio, sappiamo contattare i ragazzi ma non riusciamo ad entusiasmare nessun adulto, sappiamo organizzare un convegno ma non riusciamo a prendere la parola nel Consiglio Pastorale…
La nostra risposta può richiedere modalità diverse: a volte con la voce, altre volte con un gesto, con un disegno, con un canto, con un silenzio. Un responsabile deve imparare a parlare tante lingue, perché i contesti e le persone sono diversi.
È per questo che è tanto importante – per un responsabile è addirittura indispensabile! – un cammino di formazione: per diventare capaci, liberi di rispondere.
Libertà è avere a disposizione tanti modi diversi per poter scegliere quello che ritieni più indicato in quello specifico contesto e di sceglierne un altro se il primo non raggiunge l’obiettivo desiderato. Se ho solo uova, olio e sale non posso cucinare un granché. Se ho molti più ingredienti nel frigorifero sono libero di cucinare quello che voglio, a seconda delle persone e delle occasioni.
Ecco, la formazione dei responsabili ci dà degli ingredienti nuovi da tenere in frigorifero. Non delle ricette, quelle le inventerà ognuno nel suo contesto, ma degli ingredienti che ci rendono possibile cucinare quello che vogliamo.
Se ho solo un’aspirina posso curare il raffreddore e il mal di testa, ma se ho molte altre medicine posso prendermi cura di tutte le patologie e rispondere a chi sta male.
Non possiamo essere responsabili solo con uova-olio-sale o solo con l’aspirina…!
Sarebbe bello essere sempre di più un’AC accompagnata da tante persone che, a qualsiasi livello, non solo hanno dato una generica disponibilità, ma crescono insieme per diventare ogni giorno un po’ più capaci di rispondere. Persone affamate di formazione alta per diventare davvero respons-abili, respons-libere dentro un’associazione che le abbia davvero a cuore e che stia davvero a loro a cuore.
Stefano Serenthà