
2021. Incontro tra Acli e Ac
Come è destinato a cambiare il mondo del lavoro a seguito dallo smart-working? Questa innovazione tecnologica accelerata dalla pandemia migliorerà la qualità del lavoro e della vita delle persone coinvolte? Quali possibilità si dischiudono e quali rischi si celano nel lavoro remoto?
Sono alcuni degli interrogativi cui intende rispondere la Commissione lavoro dell’Azione Cattolica ambrosiana che da alcuni mesi sta riflettendo in collaborazione con le Acli provinciali di Milano. Dopo una prima fase in cui ai soci è stato sottoposto un questionario per rilevare come è organizzato nel loro luogo di lavoro lo smart-working e dopo la restituzione dei dati in un’assemblea pubblica che si era tenuta in autunno presso le Acli, da alcune settimane è partita la terza fase che prevede gruppi di riflessione su tre aree tematiche: come lo smart-working cambia il valore del lavoro, quali sono le modalità con cui lo smart-working si concretizza e che impatto ha questa organizzazione sulla socialità.
«Mi sono occupata di gestire una serie di dati raccolti tra i nostri soci, così da avere idea delle diverse esperienze di smart-working dei lavoratori», spiega Alessandra Mazzei, professore associato di Economia e gestione delle imprese e socia dell’Ac ambrosiana. «La ricerca, pur senza un effettivo valore scientifico, permette di guardare ai benefici e alle difficoltà del lavoro ibrido per poter cogliere le occasioni e le criticità e portare così il nostro contributo nel dibattito pubblico sul futuro di questo modo di lavorare. Il nostro obiettivo sarebbe allargare il più possibile la discussione, per far progredire il mondo del lavoro in chiave sempre umana e sempre dignitosa. Cosa possono fare a riguardo le aziende, i lavoratori, le istituzioni pubbliche, il sistema delle associazioni?».
Giacomo Pigni, 26 anni, ricercatore in Diritto del lavoro, dei tre gruppi in cui è suddivisa la Commissione è impegnato in quello su come il valore dello smart-working cambia il mondo del lavoro: «All’interno del nostro gruppo abbiamo guardato agli obiettivi dello smart-working, ai pregi e ai difetti che questa dinamica comporta. L’attenzione va anche posta sulla componente umana del lavoro: a causa dei cambiamenti che viviamo, dobbiamo continuare a chiederci se l’uomo e il suo benessere siano posti comunque al centro della questione». E aggiunge: «Penso che lo sguardo tipico e lo spirito di Ac siano una marcia in più per dedicarsi a questi problemi quotidiani e reali delle persone. Partendo da una provocazione, si sviscerano gli aspetti più intricati, dunque anche il contributo di una realtà come Azione cattolica o Acli può essere importante».
Silvia Negri, 46 anni, consulente ambientale, è la portavoce del gruppo che si occupa delle modalità di lavoro: «Sono emerse le diverse esperienze di smart-working vissute dai soci. C’è chi ha svolto questa modalità intensamente soltanto nei primi periodi di lockdown, chi l’ha ridotta, chi l’ha abbandonata», spiega Silvia. «Come sempre, emergono svantaggi e vantaggi, ed essendo il gruppo di condivisione quasi tutto al femminile, la gestione diventa anche una sfida personale». Qualche esempio? Da un lato, riduzione del tempo e del costo dei trasporti (dunque minor inquinamento), poter dedicare più tempo alla propria famiglia la sera ma anche durante la pausa pranzo, ottimizzare il tempo delle commissioni o delle faccende domestiche, concentrarsi il più possibile durante le ore di connessione comunicando con interventi mirati ed efficaci. Dall’altro lato, difficoltà a “staccare mentalmente” dal lavoro, scarsa socialità con i colleghi, formazione meno agile per quanto riguarda i più giovani, diritto trascurato alla disconnessione e anche all’ergonomia del luogo di lavoro. Continua Negri: «Il nostro obiettivo è fare in modo che lo smart-working venga percepito come una vera risorsa, che non risulti controproducente nei confronti del singolo lavoratore». E conclude: «È probabile che la tendenza sia ormai irreversibile, ma le specifiche modalità e la frequenza sono ovviamente ancora incerte. Seguirà un terzo incontro, più avanti, in cui ci chiederemo quale sia il ruolo dei soggetti di categoria, come le associazioni di categoria che accompagnano questa trasformazione, e cosa voglia dire lavorare “per obiettivi”».
Del gruppo sulla socialità si fa portavoce, insieme a Demetrio Macheda, Cecilia Leccardi, dottoranda in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro, e operatrice sindacale presso Felsa Cisl Milano. «Anche nel nostro caso, è stato ribadito da tutti con forza come lo smart-working abbia impattato molto sulle relazioni con colleghi e superiori in generali. Specialmente per chi ha famiglia, emerge un’esigenza che non si può trascurare, la flessibilità per trovare il giusto equilibrio casa-lavoro. Non dobbiamo riscoprire questo soltanto come fattore economico ma anche, e soprattutto, come fattore sociale, di crescita personale e di sviluppo per ciascuno».
Chiunque desideri avere più informazioni sull’argomento, può contattare segreteria@azionecattolicamilano.it.
Francesca Bertuglia