Il tema che la Commissione Lavoro si è impegnata a portare avanti durante quest’ anno associativo del 2022/23 è particolarmente impegnativo, stimolante e imprevedibile in termini di risultati.
Si tratta dell’identità lavorativa, una questione estremamente attuale perché collegata in parte all’attribuzione di nuovi significati al lavoro che le persone, a valle del periodo di lockdown forzato e dell’esperienza diffusa dello Smart working, percepiscono come importanti per la loro vita.
Il contesto generazionale della tematica scelta
Per chi si trova alla fine dell’esperienza lavorativa (i baby boomer, i nati tra il 1946 e il 1964) risulta in effetti difficile concepire il lavoro lontano dall’ufficio o dall’unità produttiva, dove la regola dell’orario fisso e delle otto ore è stata la cornice temporale nell’ambito del quale è svolta la loro prestazione lavorativa. Il lavoro normato, prevedibile e, tutto sommato, sicuro è, ancora oggi, per questa generazione e, in parte, per la generazione X (i nati tra il 1965 e il 1979) un valore in sé che ha permesso a molti di loro di realizzarsi nella vita. Per la gran parte della generazione X e per i baby boomer, il problema della flessibilità, intesa in maniera ampia oltre che contrattuale, prima della pandemia non si era mai posto. I lavoratori si adattavano al processo produttivo e organizzativo normato e regolato.
Dopo la pandemia e per tutte le generazioni lavorative qualcosa è effettivamente cambiato. Un segnale in questo senso, corroborato da dati, è il fenomeno delle dimissioni volontarie dal lavoro che in Italia che, sulla scia della Great Resignation statunitense, costituisce il motivo più importante di cessazione dal lavoro dipendente a partire dal 2021 e fino a buona parte del 2022.
Sono molti gli studi e le ricerche sul mercato del lavoro e dell’occupazione a sottolineare che per i millennials (nati tra il 1980 e la fine del secondo millennio, detta anche gen. Y) e la generazione Z (solo coloro che sono nati tra il 1995 e l’inizio del terzo millennio) il lavoro flessibile e agile è preferibile rispetto al lavoro tradizionale d’ufficio che richiede la presenza costante e per otto ore al giorno sul luogo di lavoro.
E oggi sono in molti, e non solo tra le nuove generazioni lavorative, ad apprezzare la flessibilità dei contratti di lavoro, il lavoro ibrido (dove, come e quando lavorare), e la conciliazione tra il lavoro e vita. La novità di quest’ultimo periodo è che sembra che sia il lavoro che si deve adattare alle scelte di vita delle persone. Una rivoluzione.
In sintesi, pare che durante e dopo il lockdown molti lavoratori abbiano iniziato a ripensare il lavoro impiegando il frame (cornice) della flessibilità che si rende, da una parte, oggettivamente necessaria in un contesto di grande cambiamenti globali e tecnologici e, dall’altra parte, soggettivamente indispensabile al fine di valorizza aspetti della propria vita prima trascurati e che vanno oltre il bisogno di lavorare (pur necessario), la retribuzione e la carriera considerata in termini esclusivamente competitivi.
Ed è in tale contesto che la Commissione lavoro ha colto l’occasione per chiedere ai soci di AC e delle ACLI di contribuire alla riflessione sulla tematica estremamente attuale dell’identità lavorativa.
L’avanzamento dei lavori: i focus group e l’apertura dei laboratori
A seguito del lancio dell’iniziativa tra i soci, con il metodo dell’annuncio (teaser) e la richiesta ai soci interessati di rispondere a due domande (“Cosa rappresenta nella tua vita il lavoro?”; quali sono “ Le caratteristiche del lavoro ideale?”) è stato possibile organizzare dei focus group.
La metodologia dei focus group permette di raccogliere dati “qualitativi” rispetto a problematiche sociali e fenomeni complessi, come, nel nostro caso, l’identità lavorativa. E così, nell’ultima settimana di Novembre 2022 sono stati organizzati dei focus group guidati dalla Commissione che hanno visto la partecipazione attiva e attenta di 50 persone.
Questa attività, che ha impiegato delle metafore per permettere ai partecipanti di esprimere in poco tempo e in maniera semplice il loro punto di vista alle due domande che abbiamo riportato sopra, ha consentito alla Commissione di raccogliere le percezioni, le opinioni e gli atteggiamenti degli intervenuti sulle questioni sopra accennate e che sono sembrati rilevanti e degne di ulteriori approfondimenti nel corso dei laboratori che sono stati programmati nel mese di Febbraio e Marzo 2023. In questo articolo si desidera far conoscere alcuni risultati emersi dai focus group.
Identità lavorativa. Le metafore maggiormente impiegate
In generale, per rispondere alla prima domanda, “Com’è il tuo lavoro adesso? Quale metafora meteorologica sceglieresti per definirlo?”, le persone intervenute nei focus group, hanno impiegato con maggiore frequenza le metafore collegate al tempo «variabile e variabilità» e, a seguire, seppur con frequenza molto minore, “«tempo sereno (sole, clima sereno)» e «tempo brutto (piovoso, tempestoso)».
La Commissione ha provato a rileggere le espressioni impiegate dalle persone per descrivere gli approcci prevalenti verso la ricerca di un’identità lavorativa.
Interessante è notare, in questa fase, lasciando poi al lavoro dei laboratori gli approfondimenti sulle tematiche emerse nei focus group, che il termine “variabile” è stato impiegato per descrivere la tensione che è percepita tra la dimensione sociale, organizzativa e produttiva del lavoro e i bisogni individuali, nel segno della frammentarietà (ad esempio, “È tutto molto variabile, come la primavera. Questo porta molte opportunità ma anche sfide quotidiane che fanno vivere un po’ alla giornata”).
Per indicare alcun fattori esterni all’individuo, come i cambiamenti causati dalla pandemia e le veloci trasformazioni del lavoro, è stato impiegato un termine simile al precedente: “variabilità” (ad esempio: “Variabilità dovuta a nuove persone, covid, enorme velocità del lavoro e del suo cambiamento”, “Variabilità dovuta alla tensione tra l’identità umana del lavoro e la sua dimensione puramente economica”).
La metafora del tempo “piovoso, tempestoso, tempesta, grandine con arcobaleno” è stata indicata per esprimere la difficoltà di diverse persone nel lavoro, ed è indicativa di una generale impreparazione a capire come cambiare e quali strumenti sono disponibili per farlo (ad esempio, “Tempesta; sapere di dover cambiare ma a non sapere come farlo”, “Il clima è tempestoso e per uscirne bisogna mettere da parte l’individualità”),
La metafora del tempo “sereno, sole, clima sereno, sereno variabile, sereno ventilato” è stata impiegata per esprimere soddisfazione per la propria vita lavorativa con la consapevolezza che non è sufficiente solo una visione ottimistica per affrontare il futuro di fronte alle sfide del lavoro (ad esempio, “Sereno ventilato. Perché l’elemento chiave del lavoro contemporaneo è il movimento: psicologico, apertura verso nuove discipline e gli altri, e fisico, come il lavoro da remoto”).
D’altra parte, esiste anche il tempo “ventoso variabile, ventoso, autunnale”, una metafora impiegata da diverse persone per indicare eventi ciclici del lavoro negativi (“Il clima è autunnale, un po’ uggioso e faticoso”) ma anche l’accettazione di nuove sfide (“Il clima è ventoso, come sempre è stato a livello lavorativo, passando da una sfida professionale all’altra”).
Esiste anche un clima “nuvoloso con il cielo coperto”, e questa metafora è stata impiegata per indicare incertezza che può essere anche colta come opportunità per pianificare un futuro lavorativo migliore (“Cielo coperto, ma al tramonto si possono fare bei pensieri, contemplare un bel paesaggio. Momenti per costruire professionalità, relazioni.”)
Si deve infine sottolineare che in diversi focus group è emersa la preoccupazione nei confronto dei giovani. Mancano opportunità professionali, le retribuzioni sono basse (“clima rovente del mercato del lavoro”) e il lavoro è a bassa socialità. Il lavoro dovrebbe essere anche libertà (“Il lavoro può essere un’esperienza di libertà, come stare nel mare aperto”) che richiede tuttavia anche molta responsabilità e consapevolezza dei rischi connessi all’impreparazione nel navigare senza una rotta precisa.
Il lavoro ideale
La seconda domanda posta nei focus group, “Qual è il tuo lavoro ideale?”.
Rileggendo le singole affermazioni impiegate dai cinque focus group per indicare aspetti del lavoro ideale (il lavoro ideale, ad esempio, deve “essere divertente, unico, generatore di benessere”; deve “permette di vivere la propria passione insieme agli altri”; deve “favorire l’ espressione di sé”) possiamo abbozzare una sintesi della visione “ottimistica” che ne è emersa:
Le dichiarazioni raccolte indicano che:
- il lavoro ideale è quello che è divertente, unico, che permette di costruire qualcosa di duraturo, genera benessere e consente di vivere la propria passione insieme agli altri. Inoltre, la capacità di vedere il lato positivo del lavoro contribuisce a renderlo ideale;
- il lavoro ideale è quello che permette di sentirsi appagati sentendosi parte del cambiamento del mondo, contribuendo al bene comune, restituendo alla società la propria idea che si ha su di essa e promuovendo incontri e condivisione;
- il lavoro ideale è un’espressione di sé ed ha anche una dimensione sociale
- il lavoro ideale è quello che risponde ad una vocazione, è adatto alle esigenze e alle capacità dell’individuo, promuove la creazione di relazioni resilienti, fa sentire utili, realizzati e ben retribuiti, permette di essere pienamente se stessi e offre opportunità di crescita.
Nell’attesa di concludere i laboratori e di organizzare un evento finale, e prima di restituire a tutti i soci, ma anche alla società civile interessata, i risultati che matureranno, si vuole cogliere qui l’occasione per sollecitare la riflessione di singoli o gruppi delle comunità su domande e stimoli emersi dai focus group.
La Commissione lavoro rimane aperta a ricevere contributi e supportare iniziative relativamente sul tema dell’identità lavorativa di fronte ai cambiamenti del mercato del lavoro.
Demetrio Macheda, Commissione Lavoro di Ac