“Secondo il racconto biblico della creazione, Dio pose l’essere umano nel giardino appena creato (cfr. Gen 2,15) non solo per prendersi cura dell’esistente (custodire), ma per lavorarvi affinché producesse frutti (coltivare). Così gli operai e gli artigiani “assicurano la creazione eterna” (Sir 38,34). In realtà l’intervento umano che favorisce il prudente sviluppo del creato è il modo più adeguato di prendersene cura, perché implica il porsi come strumento di Dio per aiutare a far emergere le potenzialità che Egli stesso ha inscritto nelle cose” (Laudato Si’, n.124).

Le parole di papa Francesco chiariscono il concetto di lavoro come espressione dell’essere umano per collaborare alla creazione. A queste si aggiungono le parole del papa che chiedono con forza il lavoro dignitoso: “Ricerchiamo soluzioni che ci aiutino a costruire un nuovo futuro del lavoro fondato su condizioni lavorative decenti e dignitose, che provenga da una negoziazione collettiva, e che promuova il bene comune, una base che farà del lavoro una componente essenziale della nostra cura della società e della creazione. In tal senso, il lavoro è veramente ed essenzialmente umano. Di questo si tratta, che sia umano”

(Papa Francesco (2021), Videomessaggio del Santo Padre in occasione della 109.ma Conferenza Internazionale del Lavoro, 17 giugno 2021 (disponibile online)

In questo quadro di richiamo di papa Francesco sul tema del lavoro, l’AC Ambrosiana ha attivato la Commissione Lavoro.

Finalità della Commissione Lavoro

La Commissione Lavoro dell’AC Ambrosiana ha la finalità di accompagnare la riflessione dei soci sul tema del lavoro e incoraggiare il dibattito sulle sfide che interrogano i lavoratori di ogni età e condizione sociale che si svolge nell’ambito ecclesiale e nelle comunità civili di appartenenza. La Commissione si prefigge di operare fornendo ai soci strumenti di lettura e di intervento della complessa realtà del lavoro nella quale vivono e operano come lavoratori.

A tal fine la Commissione vuole essere da un lato un soggetto di ascolto verso la società odierna per intercettare dinamiche di cambiamento e fenomeni che ci interrogano. Dall’altro lato vuole stimolare in AC riflessioni che aiutino i soci a elaborare le esperienze e ad accompagnare le persone nei cambiamenti.

La Commissione si prefigge di:

  • ascoltare la base dei soci raccogliendo elementi sulle loro percezioni e sul lavoro vissuto in merito al mondo del lavoro
  • organizzare incontri per il confronto tra e con i soci
  • attivare un dialogo con altri soggetti, del mondo cattolico e non, per alimentare il dibattito pubblico sui temi del lavoro

In primo piano

Il progetto 2021-22: Il lavoro da remoto

Lo scoppio della pandemia da Covid-19 nel 2020 ha forzato l’adozione generalizzata del lavoro a distanza coinvolgendo un enorme numero di lavoratori italiani. Il dibattito sui pro e i contro di questa modalità di lavoro si è subito sviluppato con un proliferare di studi che hanno cercato di cogliere i profili del fenomeno. La Commissione lavoro dell’A.C. ambrosiana ha voluto promuovere un’indagine di ascolto con caratteristiche del tutto distintive rispetto alle altre indagini disponibili.

L’indagine ha rilevato il vissuto dei soci e delle persone intorno a loro per tenere traccia dei segni lasciati da questa esperienza e far emergere aspetti sui quali riflettere e agire. L’obiettivo è stato quello di cercare di comprendere se la modalità a distanza può contribuire ad arricchire di senso il lavoro e ad alimentare il cammino verso un lavoro che sia umano.

L’indagine sul campo ha costituito il primo passo di un percorso di riflessione sulle prospettive del lavoro a distanza che è proseguita attraverso la costituzione di gruppi di lavoro. A partire dall’autunno 2021 e fino alla primavera avanzata del 2022, la Commissione Lavoro insieme alle ACLI si è interrogata, in continuità con il dibattito scaturito dalla ricerca, su tre domande:

  • Modalità: quali nuovi modi di lavorare si vanno profilando?
  • Socialità: se la digitalizzazione permette il lavoro da remoto, quale può essere l’impatto della distanza sulle relazioni interpersonali e quali scelte sono opportune per garantire una socialità adeguata?
  • Valore: quanto vale un certo lavoro? Con quali criteri si stabilisce la ricompensa economica adeguata? È utile fissare un salario minimo e massimo? Quanto contano l’età, il carico famigliare, il titolo di studio o l’esperienza accumulata?

L’aspetto interessante è stata la collaborazione su temi così importanti tra la Commissione Lavoro di AC e le ACLI  favorita dalla modalità di lavoro che ha visto la formazione di tre gruppi in linea con le domande sopra formulate e la riflessione condivisa che si è articolata in tre incontri: il primo, di condivisione delle esperienze personali; il secondo, di confronto con testi specifici, documenti e video; il terzo, di sintesi sul lavoro svolto con l’indicazione dei nodi più significativi e indicazioni utili per affrontare la tematica del futuro del lavoro. Di seguito una sintesi delle riflessioni emerse nei gruppi.

L’esperienza dello smart working ha aperto a molti lavoratori delle possibilità impensate prima, ma ha anche fatto emergere delle difficoltà nuove e delle sfide interessanti da analizzare. Il gruppo ha prodotto una lunga lista di benefici ma anche di problematiche connesse al lavoro da casa, che si accentuano quanto più si riduce il tempo passato in ufficio con i colleghi, che favorisce la socialità. Il ragionamento ha condotto ad ipotizzare che il futuro del lavoro passerà certamente dallo smart working ma in una forma ibrida, casa e ufficio, in una proporzione che dipende dal tipo di lavoro e dal contesto, ma anche dalle misure organizzative della società di appartenenza, dalle capacità dei datori di lavoro / manager di riconoscere potenzialità e limiti delle persone, di dare opportunità di formazione più o meno spinte in base ai fabbisogni. L’alternanza ottimale casa ufficio può essere anche molto soggettiva, dipende dalle regole che ciascuno fissa per sé e decide di rispettare, per un sano equilibrio vita privata e lavoro. Per concludere, lavoratori e datori di lavoro hanno nuove e interessanti sfide da affrontare, le organizzazioni di rappresentanza delle parti sociali hanno nuovi temi di cui occuparsi, peraltro molto tipici nei vari contesti (scuola, terziario, imprese manifatturiere, servizi). Le nostre due associazioni Ac e ACLI possono svolgere un ruolo significativo nel creare occasioni di riflessione e scambio di esperienze, per affrontare le sfide e cercare di mettere a fuoco nuove ed efficaci modalità di lavoro.

Uno degli aspetti critici dello smart working, anche nella sua più recente evoluzione di lavoro ibrido, riguarda la socialità. Sul lavoro, l’incontro quotidiano con colleghi, capi, i clienti, fornitori e utenti di servizi pubblici (compreso l’universo scolastico), permette un continuo contatto faccia a faccia tra le persone. E, com’è noto, il contatto visivo, la postura, l’abbigliamento, … precedono nelle relazioni interpersonali, i contatti verbali e scritti.  Degli altri ci facciamo subito un’impressione (anche se a volte questa è stereotipata e di filtri) sulla base di un’idea che abbiamo del mondo e del contesto specifico. Inoltre, nel periodo pre-pandemico, la comunicazione a distanza e lo smart working individuale erano spesso considerati come una parziale integrazione di rapporti che dovevano avvenire prevalentemente di presenza. Durante la pandemia tutto ciò è stato rovesciato.

Nel lavoro e nello studio a distanza si è data prevalenza alla parola e soprattutto alle video call di massa. Questa ultima modalità, interattiva, facilitata dalla diffusione di piattaforme cloud performanti a basso costo (tipo Zoom) è statala novità assoluta dello smart working forzato che, in qualche maniera, ha permesso di veicolare tra le persone un numero maggiore di indizi non verbali, facendo percepire gli altri come reali, più caldi forse, rispetto al mero uso del telefono o della messaggistica (e-mail, Whatsapp, Telegram).

Dei benefici per la società del lavoro a distanza si parla in termini soprattutto economici, di sostenibilità, di miglioramento dell’ambiente (meno trasporti, inquinamento) e di conciliazione di vita e lavoro. Tuttavia, spesso si fa fatica a inquadrare la socialità come l’elemento che guida e dà senso al lavoro, sia che esso sia svolto in ufficio che a distanza.

La socialità è in effetti un punto debole dello smart working e lo sforzo della Commissione lavoro è stato quello di individuarne alcuni punti critici, come, ad esempio: la mancanza di relazioni tra colleghi, l’isolamento sociale verso cui vanno incontro i lavoratori a distanza (soprattutto se si tratta di lavori poco attraenti), la limitazione per la carriera (il lavoro  da casa potrebbe attenuare gli stimoli competitivi presenti sul lavoro per intraprendere percorsi professionali più ricchi), l’aumento della quota di stress che non può essere socializzato nell’immediato, l’aiuto reciproco e immediato tra colleghi che fa la forza dei team, il carico di lavoro eccessivo (il sentimento di dover rispondere subito a richieste dei propri colleghi o capi, una specie di presenza continua a distanza che rende difficile il distacco), l’apprendimento immediato per osservazione e la commistione vita privata-lavoro.

Nella prospettiva del lavoro ibrido, si ritiene che la socialità debba essere un fattore organizzativo da considerare da parte delle imprese che ritengono di valorizzare i benefici per l’impresa, la società e l’individuo che lo smart working ha comunque evidenziato.

Il lavoro è in una fase di profonda trasformazione la quale tocca ogni suo aspetto. Si osservano infatti dei cambiamenti sostanziali sia nella modalità di svolgimento del lavoro sia nei contesti nei quali il lavoro si sviluppa. Per tale ragione, la prestazione lavorativa, che è l’oggetto del contratto di di lavoro, non solo cambia nella sua sostanza ma anche nella sua misurazione. In altre parole, il lavoro segue sempre meno una logica di “ora lavorata” e sempre di più quella del “risultato raggiunto”. Di fronte a tale rivoluzione si è sentita la necessità di domandarsi se tale nuova configurazione del lavoro rendesse quest’ultimo uno strumento di realizzazione dell’uomo e non, al contrario, una modalità di sfruttamento. Riprendendo gli insegnamenti di Papa Francesco, ci si è domandati come fare in modo che il lavoro, pur cambiando, volgesse verso un modello libero, creativo, partecipativo e solidale. Questa sfida, tanto complessa quanto decisiva, è apparsa impossibile da vincere senza definire dei punti cardinali da seguire. Nello specifico, il lavoro nei termini sopra descritti è stato indicato come necessariamente accessibile a tutti, accompagnato da un ritrovato ruolo dei copri intermedi (in senso lato) e, soprattutto, integralmente produttivo. Quest’ultimo è stato individuato come il principale punto di caduta. Se infatti il lavoro sarà sempre più valutato nella sua componente produttiva è necessario che il concetto di produttività abbracci non solo il mero dato del profitto ma anche le dimensioni “umane” del lavoro. Il lavoro deve essere produttivo per l’impresa ma anche per il lavoratore che deve poter ricevere un sostegno più ampio del dovuto salario in modo che poi, in un’ottica rigenerativa, sia lo stesso lavoratore a produrre ricchezza sociale dentro e fuori l’impresa.

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