È stata prima di tutto una festa del ritrovarsi, magari dopo tanto tempo. Una festa del “grazie” per le esperienze importanti vissute insieme nell’associazione. Ma anche una festa per “guardare avanti” e per discernere insieme come l’Azione cattolica ambrosiana può ripensare il suo ruolo e il suo stile in un contesto sociale ed ecclesiale in rapido cambiamento.
Così lo scorso 5 novembre gli ex responsabili dell’associazione si sono radunati all’oratorio di Brusuglio per l’iniziativa “Fede e Chiesa domani. Voglia di pensare, libertà di osare, passione del fare”. Ed erano in tanti i presenti: dai giovani che hanno terminato da poco incarichi diocesani alle donne e gli uomini con i capelli bianchi che hanno servito l’Ac negli anni Settanta, Ottanta e Novanta.
«È un’occasione particolarmente emozionante», ha detto il presidente Gianni Borsa, leggendo i messaggi arrivati dagli ex responsabili ed ex assistenti che per varie ragioni non sono potuti essere presenti ma che non hanno voluto far mancare un pensiero e un saluto. «Abbiamo organizzato questo incontro per ritrovarsi, anche con chi magari da tempo frequenta meno l’associazione, e per “leggere” insieme l’oggi e il domani della Chiesa. Partendo dall’esperienza personale e comunitaria del credere, ci interrogheremo sul nostro essere comunità che si ritrova attorno al Vangelo, per vivere nella quotidianità percorsi familiari, professionali, culturali e sociali moderni, aperti, generosi».
Gli interventi
Il pomeriggio si è aperto con la preghiera e poi con gli interventi di quattro ex responsabili di diverse “generazioni”. Ha aperto la riflessione Giorgio Vecchio, che è stato vicepresidente del settore Giovani all’inizio degli anni Settanta. Vecchio ha indicato due priorità per la Chiesa e l’associazione di oggi incentrate sull’essenzialità della Parola di Dio e sulla testimonianza nel mondo secolarizzato. Giovanni Colombo, vicepresidente dei Giovani negli anni Ottanta, ha ricordato lo stile dell’essere credenti gioiosi scoperto dai giovani di allora nel convegno “Danzare la vita” con la memorabile relazione di monsignor Luigi Serenthà. L’associazione oggi deve rilanciare questo stile della gioia e della speranza. È stata poi la volta di Silvia Landra, vicepresidente dei Giovani negli anni Novanta e poi presidente diocesana prima di Gianni Borsa. L’Ac ha una vocazione inclusiva, capace di mostrare il volto di una Chiesa aperta, ha osservato. Accanto all’impegno per la Chiesa locale e alla scelta della diocesanità, occorre anche più attenzione alla dimensione affettiva ed emotiva dell’essere associazione che forse non è stata adeguatamente valorizzata. Infine, è intervenuta Stefania Rotondi, in anni recenti responsabile diocesana dei Giovanissimi e oggi mamma di tre bambini in età prescolare. La Chiesa, ha osservato, rischia di assomigliare al castello di La bella e la bestia: in tanti si affannano per tenerlo in ordine ma poi è un luogo freddo e inaccessibile che si “scioglie” solo quando trionfa l’amore tra i protagonisti.
I gruppi
I partecipanti si sono poi divisi in una decina di gruppi di lavoro dove è stato chiesto di condividere quali sono state le esperienze associative che hanno segnato in profondità la fede di ciascuno e quali sono le domande e le proposte per l’Ac di oggi. La conclusione della serata è stata una bella cena a buffet accompagnata dalla musica dal vivo.