di Don Cristiano Passoni
Sulla soglia di un tempo nuovo è sempre importante chiedersi come viverlo. Nessuno è in grado di anticipare ciò che si vivrà e come lo si vivrà. Ma esprimerne il desiderio attraverso alcune immagini è la via migliore per disporci al cammino. Del resto, la Scrittura è piena di immagini, dai racconti della creazione alle parabole di Gesù, un linguaggio semplice e profondo che tutti possono comprendere, ricordare e mettere in pratica. L’agire di Dio e il suo mistero sono troppo grandi per essere rinchiusi in una immagine o in un racconto, ma, insieme, dentro di esse, questo stesso mistero si lascia conoscere e intravvedere. Ho così pensato di raccogliere due immagini per provare a leggere il tempo che siamo chiamati a vivere.
Coltivare un giardino
La prima è questa: coltivare un giardino. Mi pare il primo modo con il quale potremo interpretare il cammino che abbiamo iniziato con tutta la Chiesa. Nell’introduzione al suo libro, assai singolare, Elogio della terra, il filosofo tedesco di origini coreane, Byung-Chul Han racconta di una sua esperienza di vita: la decisione di coltivare un giardino. Ecco alcune parole che introducono il racconto di questa singolare esperienza:
«Un giorno avvertii un profondo desiderio, un vero e proprio bisogno impellente di essere vicino alla terra. Così decisi di lavorare quotidianamente in giardino. Per tre primavere, estati, autunni e inverni, quindi per tre anni, mi sono recato nel giardino che ho chiamato Bi-Won, “giardino segreto” in coreano. Sul cartello a forma di cuore che il mio predecessore aveva appeso a un arco di rose rampicanti si legge ancora “Giardino dei sogni”. L’ho lasciato così. Il mio giardino segreto è anche, a tutti gli effetti, un giardino dei sogni, poiché là sogno la terra a venire».
Il desiderio è diventato un compito e un lavoro, intenso, faticoso e affascinante al tempo stesso. «Il lavoro in giardino è stato per me una meditazione silenziosa, un indugiare nel silenzio. Ha concesso al tempo di indugiare e profumare. Più lavoravo in giardino, più ottenevo rispetto dalla terra, dalla sua bellezza ammaliante». Infine, il lavoro ha riconosciuto un frutto dolcissimo. «L’indugiare nel giardino in fiore mi ha reso di nuovo credente. Credo che l’Eden sia esistito ed esisterà. Credo in Dio, nel creatore, in questo giocatore che ricomincia sempre daccapo e in tal modo rinnova ogni cosa».
Senza troppa immaginazione potremmo pensare che questi giorni di Quaresima assomiglino, nella loro semplicità, ad un giardino da coltivare. È il giardino della propria interiorità. Da una parte esso vive tutto il desiderio di esser coltivato, di mettersi in gioco, dall’altra, in esso sperimentiamo tutta la fatica del lavorare, del ridurre le nostre attese a qualcosa di cui impossessarsi. Indugiare nel silenzio sarà la determinazione essenziale, quella che ci permetterà di «stare al gioco» in libertà, sperimentando l’evidenza dell’essere di nuovo credenti, lasciando che, in noi, Dio ricominci da capo, rinnovando ogni cosa.
Riparatore di brecce
La seconda immagine la raccolgo da un versetto folgorante di Isaia. Ti chiameranno riparatore di brecce, e restauratore di strade perché siano popolate (Is 58,12). Sulla soglia di un tempo nuovo, non solo possiamo chiederci che cosa vorremmo vivere, ma anche chi vorremmo essere, chi potremmo essere, o anche, chi siamo chiamati ad essere. Le immagini con le quali Isaia ritrae il compito assegnato al popolo di Israele, purificato dal rapporto con Dio, sono fortissime. Possiamo essere, per grazia, riparatori di brecce, costruttori di strade. Le rovine cui assistiamo impotenti dalle immagini di guerra che ci giungono rendono questo lavoro indifferibile. Ecco il nostro compito, qui ed ora: riparare mura, aprire strade, in altri termini, edificare luoghi di vita e inaugurare vie di dialogo. Proviamo a desiderarlo insieme, fortissimamente. È la nostra Quaresima!
Don Cristiano Passoni, assistente generale Azione cattolica ambrosiana