Nei mesi scorsi l’Azione cattolica ambrosiana, nell’ambito del percorso di revisione e rilancio in atto, denominato “Essere e fare Ac nel tempo nuovo”, ha chiesto ai soci di rispondere a un questionario che affrontava i temi della spiritualità e dell’evangelizzazione, della “popolarità”, del dialogo intergenerazionale. Ulteriori aspetti riguardavano il valore delle alleanze e del “tessere legami”, la sensibilità e l’impegno attorno ai temi sociali e civili, fino ad alcune domande aperte sul profilo associativo (cosa cambiare, quali novità introdurre nella vita di Ac…).
Era possibile compilare il questionario sia in modalità digitale (oltre 300 risposte), sia mediante la compilazione di un modello cartaceo (una quindicina di risposte). Ognuno dei partecipanti al “sondaggio d’opinione” ha risposto in maniera anonima.
Spiritualità ed evangelizzazione.
Da questa serie di domande emerge come il socio di Ac preferisca nel complesso vivere momenti di formazione e di preghiera sia individualmente sia in comunità (68% delle risposte), mentre un quinto dei rispondenti preferisce farlo singolarmente.
Alla domanda sull’interesse a prendere parte a iniziative di spiritualità calate nel contesto urbano (es: periferie cittadine, stazioni ferroviarie) il 58% si esprime con un no, il 42% si dice invece favorevole.
Per quanto riguarda la Regola di vita, il 73% afferma di averne una, ritenendola un aspetto importante/irrinunciabile per il proprio cammino di fede.
Popolarità: sì o no?
Le proposte associative “sono adatte a tutti” secondo il 58% dei soci, ma il 23% dei rispondenti afferma invece che si tratta di iniziative “elitarie”. Alla domanda successiva si chiarisce ulteriormente l’argomento, laddove l’80% dei rispondenti ritiene che ci sono categorie di persone che l’Ac non riesce a raggiungere.
Alla domanda relativa alla capacità concreta di realizzare il dialogo tra le diverse generazioni di associativi (ragazzi, adolescenti, giovani, adulti, adultissimi), il 50% ritiene che ciò avvenga sempre o abbastanza di frequente, mentre un consistente 48% afferma che ciò avviene sporadicamente o per nulla.
Tessere legami.
Il 67% dei soci che hanno risposto al sondaggio concorda sul fatto che sottoscrivere la tessera di Ac favorisca la creazione di legami tra le persone. La cura dei soci e del gruppo è una ragione essenziale dell’adesione, che al contempo – per una parte dei rispondenti – è bene sia rivolta come opportunità a chi non fa parte di Ac (associazione “aperta”).
L’Ac è ritenuta dall’83% dei soci elemento capace di costruire alleanze con altre realtà associative e con la pastorale diocesana. Le alleanze portano giovamento alla qualità degli incontri di formazione (90%), ma la maggior parte di chi ha compilato il questionario ritiene che la costruzione di alleanze non si rispecchia sui territori (decanati, zone), e sia quindi soprattutto fattore diocesano.
Temi sociali e civili.
Alcune domande riguardavano l’indicazione di argomenti a carattere sociale, culturale e civile di maggior interesse per i soci. Tra di essi spiccano – nell’ordine –: la cultura, “per essere cittadini partecipi e responsabili”; “il rapporto tra diritti individuali e collettivi e bene comune”; la fraternità universale; il “vivere e morire cristiano”, la giustizia e l’ecologia.
Grande rilevanza è assegnata all’impegno di vivere, personalmente e come associazione, gesti di carità verso chi si trova nel bisogno.
Come sta la Chiesa?
Alla domanda se la Chiesa stia attraversando un momento di crisi, l’81% risponde di sì. Alla domanda successiva, se la propria comunità stia vivendo una fase di crisi, il 74% risponde sì.
“Riesci a impegnarti per la tua comunità” ecclesiale? – la domanda successiva. Il 67% dei soci di Azione cattolica dà un’affermazione positiva, il 32% risponde negativamente (anche in relazione alle età, agli impegni familiari e professionali).
Cosa ne pensi?
Al termine del questionario venivano formulate alcune domande che richiedevano una “risposta aperta”, con la possibilità di esprimere il proprio parere su quattro piste principali: 1) che cosa del nostro fare ed essere associazione non serve più? Ossia, ci sono delle iniziative che non ha più senso proporre perché sono cambiate le esigenze o perché non sono più adeguate a rispondere ai soci? 2) C’è qualcosa che possiamo concretamente cambiare e quali attenzioni in più dovremmo avere come associazione? 3) Quale novità (anche con valenza simbolica) possiamo proporre da vivere sul territorio come segno promettente di nuove fioriture? 4) Per portare il Vangelo nella vita di ogni giorno, cosa può fare un laico di Ac? Ossia, quali piccoli e semplici gesti può compiere per portare il Vangelo nella sua quotidianità?
Guardando avanti…
Alle precedenti quattro questioni hanno risposto circa la metà degli oltre trecento partecipanti al questionario. Disponiamo quindi di centinaia di pareri, anche assai diversificati tra loro, ricchi di osservazioni sulla vita associativa, sui gruppi locali, sul centro diocesano; sulla formazione giovanile e sulla vitalità dei gruppi adulti; sulla intergenerazionalità e sul rapporto tra gruppi territoriali di Ac e parrocchie; sull’approfondimento degli aspetti spirituali così pure sull’impegno nell’ambito sociopolitico.
C’è chi chiede di ripensare la formazione per i laici; altri invocano uno “svecchiamento” del volto e dei linguaggi associativi; più di un socio si concentra sul fatto che l’Ac non sia attrattiva per le giovani generazioni. Qualcuno sostiene che l’Azione cattolica dovrebbe “uscire dalle sacrestie”, per concentrarsi sui temi della vita quotidiana (famiglia, lavoro, politica…); la pastorale ordinaria e la diocesanità non dovrebbero “soffocare” la vita associativa. Per altri ancora, al contrario, sono proprio parrocchia e diocesi gli ambiti nei quali c’è più bisogno di laici formati, corresponsabili, per una Chiesa al passo coi tempi.
Preghiera, poveri, rapporto con i preti.
L’Attenzione a poveri ed emarginati dovrebbe essere attenzione costante dell’Azione cattolica. C’è chi chiede una maggiore “proposta spirituale”, chi afferma che una attrattiva educazione alla fede dovrebbe essere rafforzata nell’età dell’Acr. Due punti importanti riguardano la cura della comunicazione associativa (entro e oltre l’Ac) e il coinvolgimento dei sacerdoti, ai quali si chiede promozione associativa e vera collaborazione con i gruppi di Ac sul territorio. La “fraternità” con altre associazioni ed esperienze laicali è da più parti invocata.
Tra le “novità” richieste (a volte si invita però a rafforzare ciò che già esiste): gesti caritativi assunti come Ac diocesana, impegno nella formazione al sociopolitico, ma anche “mischiarsi con le pecore smarrite”, “collegare le persone per una rigenerazione spirituale”, “lavorare con la Pastorale giovanile e la Fom e aiutare i giovani sacerdoti a conoscere e promuove l’Ac tra i ragazzi”.
“Sfrondare l’inutile”.
Una voce chiede di “aiutare le comunità a sfrondare l’inutile a cui sono ancora attaccate dai tempi della cristianità di massa, per concentrarsi su una spiritualità cristiana forte e focalizzata sull’essenziale”. Un altro socio pensa sia necessario “occuparci dell’insorgente nuovo modo di fare Chiesa soprattutto a livello locale, di cui nessuno si sta occupando”. Ma si domanda anche la possibilità per la vita comune dei giovani per periodi di formazione e scelta vocazionale; di fornire percorsi per universitari e universitari fuori sede. Per alcuni il Centro diocesano dovrebbe essere più “animato”, per altri va alleggerita la struttura diocesana dell’Azione cattolica. In una risposta si domandano “nuovi modi di celebrare (liturgia); attenzione ai temi sociali e culturali emergenti; inclusione soggetti ai margini della comunità (separati, divorziati, omosessuali, stranieri)”.
Adoro il lunedì, “scuola di cultura”.
Il livello decanale torna più volte, promotore della Scuola della Parola, dell’Adoro il lunedì da vivere assieme, di esperienze di “scuola di cultura” per comprendere la complessità del “cambiamento d’epoca” che stiamo attraversando. Occasioni per famiglie e per giovani-adulti sono più volte citate, come la Chiesa in uscita di papa Francesco, e c’è chi chiede un “Bibliodramma per giovani e giovani adulti: la spiritualità di Ac è troppo intellettuale/di testa e si dimentica la pancia e il cuore, che sono però alle radici della conversione vera”. Dai soci arriva la richiesta di sostenere le comunità parrocchiali “spente”; di dare rilevanza al cammino sinodale e di prendervi parte (Gruppi Barnaba, Assemblee sinodali); di “proporre alle comunità momenti di conoscenza dell’associazione”.
Coerenza, tolleranza…
E per portare il Vangelo nella vita di ogni giorno, cosa potrebbe fare un laico di Ac? Anche in questo caso le risposte sono numerose e “plurali”. Leggiamo: “Testimoniare nella carità. Raccontare la Parola affascinando, con competenza (cioè evangelizzare). Pagare di persona ciò di cui si è testimoni (pena il non essere credibili)”. Oppure: “Amare la propria moglie e i propri figli, i propri colleghi del lavoro, contemplare il Creato, avvicinarsi ai poveri”. Ancora: “Confrontarsi, essere presenti nelle comunità con delle iniziative”. Altri affermano: “Onestà e rigore professionale; disponibilità verso gli altri; essere sereni e lieti”; “Essere di Ac è già assumere uno stile di vita. La Regola fornisce indicazioni”; “Attenzione e vicinanza alle persone e ai luoghi (lavoro, scuola, sociale)”; “Essere positivo e propositivo. Non giudicare. Essere coerente”. Non ultimo: “Tolleranza, sospensione del giudizio morale, esempio nella preghiera”.
Cambiare, mettersi in gioco.
Nel complesso è possibile riscontrare alcune coordinate e chiavi di lettura delle risposte fornite dai partecipanti al questionario. Sottolineando, peraltro, come il buon numero di partecipanti sia ampiamente significativo, benché non esaustivo circa una visione complessiva dell’associazione, demandata al Consiglio diocesano, nostro organismo “istituzionale”.
Certamente vi si riscontra un forte attaccamento all’associazione, con suggerimenti e richieste per migliorarla e mantenerla al passo con le trasformazioni sociali, culturali ed ecclesiali in atto. Non mancano le critiche alla stessa Ac miranti ad assegnarle un nuovo ruolo nella Chiesa (per la quale si avverte una crisi latente, da affrontare con coraggio e fedeltà al Vangelo) e a farne un vero ambito di formazione cristiana. La “spiritualità laicale” (preghiera, Parola, partecipazione alla liturgia…) appare come elemento fondante per la vita del socio di Ac. Che in genere è impegnato nella propria comunità di appartenenza con servizi in ambito educativo, liturgico, caritativo. Due le spinte che ritornano in tanti interventi: ammodernare l’Ac nei suoi linguaggi, strumenti e metodi; occuparsi, come associazione, con stile dialogante, degli ambienti nei quali le persone mettono in gioco la propria esistenza: quindi una Ac estroflessa e “più laica”.